A cura della Redazione

Si potrebbe avanzare l’ipotesi di "pubblicità ingannevole" per contrastare sul piano giudiziario il riferimento alla città di Pompei riguardo la denominazione del nuovo Parco commerciale che dovrà nascere in via Plinio a Torre Annunziata, nell'ex area Tecnotubi-Vega.

La megastruttura - i cui lavori dovrebbero concludersi entro il 2019 - si chiamerà Maximall Pompeii ma, a dispetto del nome, non sorgerà sul suolo del Comune vesuviano sede del famoso sito archeologico. Sta ogni giorno lievitando sempre di più il dissenso sul riferimento all’Antica Pompei (Pompeii era infatti il nome latino della città) che dovrebbe comparire sull’insegna del gigante dello shopping e dell'accoglienza turistica (verrà realizzato anche un albergo con 96 camere), progettato per attrarre - anche e soprattutto - i flussi turistici diretti al Parco Archeologico di Pompei.

Il Maximall Pompeii sta nascendo a cinquecento metri dall’ingresso di Porta Marina degli Scavi. La polemica suscitata nell’ambito del ceto commerciale mariano, che teme ragionevolmente la riduzione del giro d’affari, è immediatamente rimbalzata alla politica locale.

Il sindaco Pietro Amitrano, tra un’intervista ed un‘interrogazione in sede di Consiglio comunale, ha fatto sapere di aver interessato al problema i legali del Comune. Negli archivi municipali risulta una delibera del 2006 per la tutela del brand Pompei e la registrazione del logo "Città di Pompei" conseguente allo studio commissionato al professore Ermanno Bocchino. Bisognerà vagliare se ci sono i presupposti legali per tutelare il settore commerciale al dettaglio pompeiano, formato in prevalenza da aziende a struttura familiare che temono la competizione con il colosso che sta per nascere sul territorio oplontino. Una struttura che, se da un lato genererà migliaia di posti di lavoro, sul fronte opposto rappresenta la minaccia di chiusura di un numero rilevante di attività di piccole dimensioni che vivono della valorizzazione turistica del Parco Archeologico di Pompei.

La polemica aperta contro la denominazione scelta per il centro commerciale è balzata da un tavolo all’altro. Gli operatori turistico-ricettivi pompeiani si sono affrettati a chiedere aiuto alla politica. Nell’ultimo Consiglio comunale si è aggiunta l’interpellanza da parte del consigliere comunale di minoranza Amato La Mura. Amitrano non si è fatto trovare impreparato, annunciando di aver già dato mandato ai legali di difendere il legittimi interessi di Pompei. Successivamente è arrivata la sua rassicurazione che saranno adottate tutte le azioni possibili a tutela del nome di Pompei.

«Si è parlato molto di questa grande struttura commerciale e molti credono che essa sorgerà sul territorio di Pompei, mentre invece nascerà a Torre Annunziata». Amitrano intende fare chiarezza sull’argomento, intenzionato ad esperire tutte le azioni possibili. Inoltre ha annunciato: «Io e il direttore del Parco Archeologico, Massimo Osanna, siamo sulla stessa linea, concordi sulla necessità di tutelare il “nome” di Pompei».

Il sindaco ha poi riferito che gli uffici legali di Comune e Soprintendenza opereranno all’unisono nell’affrontare la vertenza legale contro «lo sfruttamento del nome Pompei da parte del mega centro commerciale Maximall». Entrambe le Istituzioni parlano di «speculazione inaccettabile». «Utilizzare il ‘marchio’ della nostra città in un progetto che non riguarda Pompei e che non insiste sul suo territorio - ha ribadito Pietro Amitrano - è una speculazione intollerabile, un falso storico e una pubblicità ingannevole», ricordando poi la presenza di altri due centri commerciali che potrebbero mettere in crisi l’economia locale (il riferimento è a La Cartiera e al Maximall Oplonti di traversa Andolfi a Torre Annunziata).

«Pompei è un brand che in tutto il mondo esprime l’eccellenza di un territorio, archeologico ma anche della città moderna con il Santuario - ribadisce il direttore generale del sito archeologico, Massimo Osanna -. Non può confondersi con un marchio commerciale che per di più non garantisce alcun ritorno alla stessa città». E’ chiaro che la sua partecipazione alla vertenza le conferisce valore di verità e di elevato profilo culturale e non di esclusiva e mera difesa di interessi commerciali di una comunità

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