A cura della Redazione
L’esecutivo di Pompei vuole privatizzare (dopo il cimitero) anche l’Ospizio “Carmine Borrelli” che può ospitare fino a 50 anziani. Il motivo è lo stato di grave passività dell’Ente. A conti fatti i cittadini pompeiani dal 2004 ci hanno rimesso 750 mila euro per sanare gli ammanchi di bilancio. La cifra raddoppia se si tiene conto del costo di ristrutturazione interna della palazzina. Il dirigente del comparto finanziario del Comune, Piscino, ha disegnato un quadro impietoso della situazione economica dell’Aspide, che ha cambiato numerose presenze tra dirigenti ed amministratori. Ricordiamo che l’Aspide è costituita dai beni di un lascito ereditario del 1936 che li vincolava alla costituzione e gestione umanitaria di un ospizio per persone anziane sole. Le cause principali del pessimo andamento finanziario dell’Aspide dipendono da vari motivi fra i quali la presenza di cinque camere doppie non facilmente collocabili. Inoltre, le rette pagate arrivano a 900 euro (contro l’andamento di mercato che sarebbe di 1.200 euro). Sono molti gli ospiti dell’Ospizio che pagano anche di meno senza contare quelli che non pagano niente. In pari tempo è esploso il costo del personale a seguito di una vertenza sindacale contro il Comune di Pompei. La tenuta dei conti non è esemplare considerato che il consiglio d’amministrazione non ha ancora approvato il bilancio al 31 dicembre 2011, le cui perdite ammonterebbero a 120 mila euro e i debiti a 175 mila euro, un terzo dei quali per contributi non versati all’Inps. La conclusione della giunta D’Alessio, di fronte a questo quadro finanziario a dir poco disperato, è stata di deliberare un atto d’indirizzo al dirigente Piscino affinché si attivi per un provvedimento comunale di appalto privato della gestione della casa di riposo. Una decisione che, se presa, farà insorgere grosse polemiche sul piano politico ed umanitario, dal momento che il lascito ereditario della signora Di Rienzo vincola il Comune ad impegni precisi nei confronti degli anziani indigenti dell’Ospizio “Carmine Borrelli”, che sarebbero presumibilmente vanificati da una sua gestione a base privatistica, basata su criteri utilitari, miranti a far cassa. Praticamente l’opposto di quanto è stato raccomandato con il lascito ereditario. Resta il problema dell’economicità della gestione della struttura che va inquadrata in un contesto generale che non brilla di luce propria, perché non risulta che il Piscino, bravo nel descrivere i demeriti della collegata, non abbia messo a frutto nella gestione dei cespiti comunali gli ottimi consigli impartiti alla gestione Aspide. MARIO CARDONE