A Palazzo de Fusco è andata in scena oggi (23 novembre) il dibattito sul disegno di legge “Riordino del Servizio idrico integrato ed istituzione dell’Ente idrico Campano”, approvato lunedì 16 novembre dal Consiglio regionale della Campania ma non ancora pubblicato nel testo definitivo dopo vari emendamenti.
Si è trattato di un confronto nell’ambito della rete dei sindaci. Lo scopo è quello di stabilire una posizione unitaria al fine di definire le strategie e le iniziative in vista della manifestazione (che dovrebbe essere di protesta) indetta per il 28 novembre prossimo a Napoli. In parole povere: cosa è successo con la legge sull’acqua in Campania di tanto grave, tanto che è stata innescata una forte contestazione di base, specie da parte dei comitati locali sull’acqua pubblica e del M5S? Secondo i critici, la nascita dell’Ente idrico unico traccia un percorso non in linea con il risultato referendario. La nuova legge sul servizio idrico è stata licenziata dal Consiglio regionale della Campania con il voto della sola maggioranza in un clima rovente, e la forte contestazione dei consiglieri M5S che puntavano a far saltare la seduta. I consiglieri del Partito di De Luca hanno invece fatto il gioco di squadra fino in fondo, ritirando la proposta di legge che incontrava i favori dei comitati di base sull’acqua pubblica. In sostanza il contrasto nasce dall’Istituzione dell’Eic (Ente Idrico Campano) che assumerà il governo del servizio idrico integrato. In questo modo, 20 delegati decideranno al posto di 500 sindaci. Sarà costituito il cosiddetto Ato unico regionale che non avrà contatto diretto con il territorio imbrigliato in una logica di vertice. E’ questo che vuole il comitato dei sindaci convocato a Pompei da Uliano? E’ probabile una spaccatura tra chi preferirà assecondare gli ordini di scuderia e chi, al contrario, si sentirà vincolato dal mandato popolare che sull’acqua pubblica non offre alibi. L’Ato unico accentra le decisioni a livello regionale con la nomina della società di gestione. Ente creato a bella posta per limitare l’autonomia dell’Ente locale anche se è vero che sono previsti anche cinque Ato distrettuali per gli ambiti territoriali esistenti. Alla fine è l’Ente idrico regionale che adotta il Piano d’ambito, individua il soggetto gestore e provvede all’affidamento del servizio.