A cura della Redazione

Fare di necessità virtù è la filosofia che orienta i lavori del nuovo cantiere del Grande Progetto Pompei, destinato a durare due anni e che costerà 8 milioni e mezzo di euro. L’intervento di messa in sicurezza dei fronti di scavo e di mitigazione del rischio idrogeologico delle Regiones I, III, IX, IV e V del Parco archeologico di Pompei, è alla base di uno degli ultimi cantieri aperti, che dovranno chiudersi entro i termini prestabiliti del PON 2017-2020.

Il direttore generale Massino Osanna ed il neo direttore generale di progetto, Mauro Cipolletta, nel ricevere i rappresentanti della stampa nel quartiere che s’inoltra verso Porta Vesuvio nell’area nord orientale del Parco, dove lo scavo archeologico e la messa in sicurezza avanzano all’unisono, hanno dichiarato formalmente che continueranno a rispettare tempi e protocollo di legalità in un intervento accompagnato dalla condivisione del ceto intellettuale del mondo intero.

Il motivo della visita dei cantieri e la visione in anteprima dei primi preziosi reperti rinvenuti nello scavo attiene, però, principalmente all’iniziativa di fornire la partecipazione in diretta alle varie fasi di un’iniziativa che si presenta come un’impresa di portata storica a 270 anni dalla scoperta dell'antica Pompei. Senza dubbio il più importante intervento di scavo, nell’area non indagata, dal dopoguerra ad oggi.

L’intervento in corso interessa una superficie di 1.400 mq. con la messa in sicurezza di 2 km e mezzo di muri antichi nel “cuneo” sito tra la casa delle Nozze d’argento e la Casa di Lucrezio Frontone, in un quartiere che è stato solo parzialmente portato alla luce e s’inoltra verso Porta Vesuvio in direzione Nord orientale.

«Date le vicinanze ci attendiamo di scoprire edifici di considerevole importanza». Dichiara Osanna, che alla domanda del cronista se i primi risultati sono pari alle aspettative, replica: «Siamo solo all’inizio».

La stessa area ha subito irreparabili danni cagionati dai bombardamenti del '43. Lo scavo sta portando alla luce strutture e reperti di ambienti privati destinati ad arricchire la ricerca archeologica del sito. La rimozione del terreno proveniente dagli scavi dei secoli scorsi ha messo in evidenza la stratigrafia vulcanica con il livello di cenere sovrapposto allo strato di lapillo. E’ emerso per primo un ambiente adiacente alla “Casa della soffitta”, con un’area aperta probabilmente destinata a giardino.

Nell’area sud-orientale sono venute alla luce alcune anfore di cui si sta studiando il contenuto. Nel vicolo delle Nozze d’argento stanno emergendo alcune strutture archeologiche di una domus affrescata a pareti rosse con al centro una coppia di delfini. In un’apposita area è stato allestito un vero e proprio laboratorio archeologico al fine di provvedere al lavaggio, catalogazione e studio preliminare dei reperti di scavo.

In quell’ambito è stato allestito un tavolo con un trionfo di reperti di pregio tra i quali figurano evidenti “scarti” di scavi precedenti. A partire da questo momento viene il bello. Il cantiere avanzerà in strati di terreno mai manomessi fino ad oggi, dall’eruzione del 79 d. C.. Si prosegue su uno strato di suolo “vergine” da un punto di vista archeologico, da cui ci si attende nuove scoperte interessanti che saranno alla base di studi multidisciplinari con sperimentazione di tecnologie all’avanguardia, così come è stato per le indagini che hanno utilizzato drone e georadar per la prima volta.

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