A cura della Redazione

Il calco di gesso realizzato sul vuoto lasciato nel materiale piroclastico dal cadavere di un cavallo rappresenta la scoperta eccezionale nel contesto di altri rinvenimenti di alto interesse scientifico negli ambienti di servizio di una villa suburbana (detta Villa Imperiale) dotata di peristilio ed ambienti riccamente affrescati e che è risultata essere di grandezza superiore a Villa dei Misteri.

Saranno le indagini di laboratorio a dare notizie dettagliate sull’equino di cui è stata stampata la sagoma nel gesso ma è certo che si trovava in una stalla munita di mangiatoia insieme ad un altro esemplare di taglia inferiore rinvenuto solo in parte a causa di un frana. Il fatto poi che il cavallo trovato fosse un esemplare di grosse dimensioni, bardato con morso e briglie in ferro e sulle orecchie avesse elementi decorativi in bronzo, probabilmente applicati alle redini, ha fatto suppore e dichiarare al direttore generale del Parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, nella conferenza stampa di oggi (10 maggio), che “potrebbe appartenere ad una razza nobile”.

Si trova sul fondo privato di Civita Giuliana (periferia a Nord nel suburbio di Pompei) il cantiere di scavo avviato già dal mese di agosto dell’anno scorso a conclusione di una brillante operazione congiunta tra Procura della Repubblica Oplontina, Arma dei Carabinieri e Parco Archeologico di Pompei nell’intento d’intercettare e vanificare (con lo scavo) l’iniziativa di tombaroli clandestini che con la loro attività criminale hanno apportato molto danno all’archeologia vesuviana, esportata a vario titolo, dall’inizio del ventesimo secolo. nel mondo intero ed attualmente, esposta in esemplari rari in rinomati musei. La Villa, attualmente scavata negli ambienti di servizio, era stata scoperta all’inizio secolo dal marchese Giovanni Imperiale. Rientra tra le Ville rustiche extra moenia che fanno parte del suburbio di Pompei a Nord di Porta di Nola.

In parte villa d’otium in altra parte azienda agricola per la produzione dell’olio e del vino. Il complesso è stato interessato da scavi clandestini , individuati nei cunicoli sotterranei da carabinieri e vigili del fuoco che avevano attraversato le pareti perimetrali agli ambienti recando danni al contesto archeologico. L’esigenza d’interrompere l’attività criminale che privava di tesori di grande valore il patrimonio archeologico vesuviano ha fatto scattare l’iniziativa di avviare una nuova campagna di scavo che sul piano della legalità si sostituisse a quella clandestina. L’intervento ha portato alla scoperta di 5 ambienti di servizio della grande villa conservata in maniera eccezionale e con anfore, utensili da cucina, parte di un letto in legno (realizzato in calco) ed una tomba (co scheletro intatto) successiva all’eruzione che distrusse Pompei, dimostrando che probabilmente in quel sito la vita era continuata. Interessante la visita al cantiere nella planimetria vulcanica che, come ha dichiarato Osanna.

“E’ un paradiso per i vulcanologi” perché mette in buona evidenza le caratteristiche dei suoi vari strati mentre nei vani di servizio della villa il flusso piroclastico entrando da porte e finestre hanno fatto da sostegno al piano superiore. Sono state trovate anche tracce della recinzione esterna alla proprietà. Sul pavimento costituito da terra compattata sono state recuperate tre anfore che contenevano vino ed olio. Tipico il terreno coltivato a riquadri (per trattenere l’acqua) che deve essere sottoposto all’analisi dei pollini per capire che cosa si coltivava in modo da ricostruire anche i paesaggi antichi circostanti.                

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