A cura della Redazione

La Bettola del Gusto trionfa nella ristorazione a Pompei grazie alla persistenza della memoria nella scelta dei prodotti di base (come provola d’Agerola, broccoli e colatura d’alici di Cetara) nella preparazione culinaria di portate in bella vista. L’esperienza gourmet lascia nel palato dell’ospite una sensazione che perdura. Pompei vanta tesori di sapienza incastonati in un paesaggio incantato della costa vesuviana. Cornice magnifica del “ristorantino” di via Sacra, discreto nell’elegante semplicità solare d’ambienti a volta, arredati con gusto moderno. Il nome della Bettola del Gusto corre sul web e lungo il filo del passaparola tra i buongustai, amanti della biodiversità del territorio.

L’esperienza di una buona cucina completa la felicità del viaggiatore perché i sensi aprono la porta della memoria. La prima osservazione che capita al cliente riguarda l’ubiquità dello stesso protagonista nella gestione del ristorante, dall’accoglienza ai fornelli fino al servizio di sala. "Enigma" che si chiarisce quando si apprende della direzione congiunta dei gemelli Alberto e Vincenzo Fortunato a capo delle brigate di cucina e di sala del noto ristorante. Esemplare nella narrazione dei due fratelli la radice del progetto aziendale, che parte dall’esempio del capo famiglia, Agostino. Il papà dei gemelli-gestori cura l’orto (di quasi due ettari) a Santa Maria la Carità, area dove produce a km 0 verdure, legumi, zucca, cavolo, carciofi e gli altri ortaggi che conferiscono un sapore speciale ai piatti preparati dal figlio, lo chef Alberto, serviti in abbinamento alle bevande consigliate dal gemello sommelier Vincenzo (tra 900 etichette di vini, birre artigianali, champagne e spumanti nazionali, liquori e grappe).

Accoglienza ristoratrice che si attesta nella professionalità del personale di sala e di cucina. Il preliminare del menù della Bettola del Gusto parte dalla filosofia di Slow Food con la filiera di presidi d’eccellenza del Bel Paese, alla base del pasto targato Bettola del Gusto, che rinnova con fantasia la tradizione vesuviana dei piatti di terra e di mare. La “bettola di via Sacra” è partita come ristorante di pesce, si è affermata qualche anno dopo nell’eccellenza delle “grillades” e le portate saporite di carni delle migliori razze animali. Il cliente apprezza sempre la varietà di sfizi, fritti, la bruschetta e le insalate. Lo chef Alberto Fortunato si è formato nel food tra scuola e lavoro.

Nell’Istituto Alberghiero stabiese ha appreso la creatività in cucina dal mitico chef Enrico Costantino, l’inventore degli scialatielli all’amalfitana, specialità magistrale di mare, terra e profumo della tradizione. Da allievo esemplare, Alberto ne rinnova ogni giorno l’esempio nella preparazione di piatti assortiti ispirati al pescato locale. Le carni vanno dalla manzetta prussiana alla fassona piemontese, dalle carni tedesche all’entrecote, dal filetto di maiale all’agnello. Carni che come il pesce possono essere servite “nature” o insaporite con aromi, spezie, condimenti e i tempi giusti di cottura, che fanno l’eccellenza dello cheff resident. Riguardo alla spesa, Alberto Fortunato è categorico: «Provvedo io, di persona, ogni mattina». Colatura di Cetara, provolone di Gravina, pomodoro del miracolo di San Gennaro e fagioli dente di morto di Acerra, sono alcuni esempi di piccola produzione locale alla base della proposta della “Bettola”.

Le richieste dei clienti non si limitano al menù e ai consigli del factotum Vincenzo Fortunato. La cucina a vista ispira richieste “fuori copione”. Bettola di mare al fritto d’alici, gamberetti, baccalà, eccetera o Bettola di terra, salumi e latticini nostrani, zucchine alla scapece, fritto e bruschetta di pomodoro? L’indecisione prende ad ogni giro di portata. Gnocchi di patate con baccalà, peperoni, capperi e polvere di olive nere di Gaeta o il Fusillo al bronzo, patate e provola su pesto di melenzane e gocce di “Antico pomodoro di Napoli”? A chi preferisce “naufragare” in un porto sicuro, si consiglia il menù di degustazione che abbiamo sperimentato con gradimento. Altrimenti, trancio di pescatrice o costata di fassona piemontese? Il sapore del cibo si esalta nell’abbinamento col buon vino. Aumenta l’allegria in un crescendo di piacere fino alla conclusione di rito: “Amaro o caffè?”.

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