A cura della Redazione

La cultura dell’Antica Pompei (come quella di Roma) era per alcuni versi contrastante rispetto a quella cristiana. Al contrario, però, entrambe conferivano importanza all’istituzione familiare grazie al vincolo di sangue e al lignaggio, attestato dalla nobiltà della stirpe. La cultura dell’Antica Roma, allo stesso modo di quella pompeiana, festeggiava i Caristia il 22 febbraio, come festa dell’affetto familiare che si celebrava con banchetti e scambi di i doni (vino, pane, piccole somme di denaro, pegni o “sportulae”, che sarebbero le sporte o cesti pieni di specialità alimentari tipo i nostri cesti natalizi ) segni di un vincolo imprescindibile.

Le famiglie banchettavano insieme, offrendo incenso, fiori e frutta ai Lari, le divinità domestiche che proteggevano la casa, a cui erano dedicati i sacelli (altari) domestici nell’atrio, nel giardino e anche nella cucina delle case. I Caristia erano festività del mese di febbraio che onoravano la famiglia e gli antenati. Venivano dopo i Parentalia, che celebravano nove giorni di rimembranze a partire dal 13 febbraio, seguite dai Feralia il 21 febbraio o, secondo altri, con i Caristia il giorno dopo. Durante i Parentalia le famiglie visitavano le tombe degli antenati e condividevano dolci e vino sia come offerte ai defunti che come pasto. I Feralia erano un'occasione più fosca perché dedicata ai sacrifici e alle offerte agli spiriti dei morti che richiedevano una propiziazione.

Caristia erano un riconoscimento della continuità della tradizione familiare che si realizzava nello scambio di piccoli doni spesso costituiti da cibi e alimenti. Sono state notate influenze di Parentalia e Caristia sulla festa cristiana delle Agapi come il consumo di pane e vino presso la tomba sostituito successivamente dall'Eucarestia. Tanto che dopo l’era pagana i sacerdoti incoraggiarono la partecipazione ai pasti dei funerali. Ne discende il rito della messa che celebra la sacralità della famiglia.