A cura della Redazione

"Non si può rimanere inermi a fronte dell'ignominia dell’eliminazione di metà del verde di piazza del Santuario, per ampliarne il sagrato”. La denuncia del presidente dell’associazione degli architetti pompeiani (Mario Savarese) riapre il contrasto dei comitati "no sottopassi" al progetto urbanistico dell’Ente Autonomo Volturno, predisposto con lo scopo dichiarato di eliminare i passaggi a livello che dividono in due parti separate la città di Pompei, creando ingorghi di traffico automobilistico. Una iniziativa che ha finito per mettere le basi ad una radicale trasformazione urbanistica della città.

L’architetto Mario Savarese ha chiesto l’intervento, con una sua missiva, alla senatrice Virginia La Mura (M5S), informandola, nella giornata dedicata al verde, che alcuni alberi di piazza Bartolo Longo saranno abbattuti per dare più spazio all’area pavimentata. Al riguardo va precisato che mentre l’architetto Savarese sostie che detta iniziativa è motivata dalla volontà di aumentare lo spazio del sagrato del Santuario di Pompei, il suo collega architetto e consigliere comunale Raffaele Serrapica è di diversa opinione.

Serrapica assicura che, se è vero che saranno meno estese le aiuole della piazza centrale di Pompei, va precisato che il motivo è collegato alla volontà di aumentarne l’area calpestabile. In conclusione, il sagrato rimarrebbe lo stesso di prima mentre verrebbe aumentato lo spazio disponibile della piazza. Una differenza di opinione destinata a far discutere mentre si registra la dichiarazione della senatrice La Mura che, chiamata in causa da Savarese, ha espresso la sua opinione di assoluta contrarietà al progetto di modifica della piazza centrale di Pompei. “Un progetto che si propaga in ambito urbanistico non ha alcun senso – ha dichiarato La Mura –. È cambiato il governo ma come mi sono adoperata affinché si bloccasse il progetto per 18 mesi allo scopo di rivedere tutto, oggi sto facendo la stessa cosa”, ha concluso Virginia La Mura, sostenendo che i pompeiani devono riappropriarsi del loro territorio anche (se necessario) respingendo un progetto che non è affatto condiviso.