A cura della Redazione

“Che fai non mi intervisti?”. La domanda del collega giornalista Yuri Buono a coronamento della mia visita nel suo ristorante Vincanto, sito nella centrale via Nolana di Pompei, è arrivata spontanea, in un certo senso scontata. “Preferisco meditare sulle emozioni" (non solo gustative) ho replicato. Yuri (per il suo locale) di interviste ne ha già ricevute molte, certamente più autorevoli della mia e lui le ha giustamente incorniciate alla parete.

Il nostro compito, giocoforza, si è limitato all’interpretazione dei simboli, le pause, i silenzi e alle sue argomentazioni condivise. Yuri è per riconoscimento generale un personaggio singolare del panorama F&B di Pompei perché ha saputo ritagliarsi uno spazio creativo nella ristorazione locale, facendo leva su prodotti di nicchia. Soprattutto è riuscito a disegnare un profilo di ristorazione meditativa (ispirata all’otium degli antichi pompeiani). Un progetto aziendale diverso dagli altri perché fa del cibo un mezzo di comunicazione (anzi condivisione) invece che un traguardo (o premio) per i cacciatori di emozioni. Il fine aziendale di Buono (un cognome che è una garanzia) è di offrire un “spunto saporito” nel confronto col cliente al fine di tracciare un percorso sull’identità napoletana che rischia di svanire (insieme al clima mite e al paesaggio del golfo del Vesuvio) sotto i colpi d’ascia della barbarie. Da bravo laureato in scienze politiche (nonché pubblicista e sommelier - ”I miei genitori sono stati insegnanti”), Yuri Buono si è ritagliato il business sugli interessi (e le curiosità) che gli stanno più a cuore.

Una trovata azzeccata perché ha fatto di necessità virtù mettendo a frutto le scoperte fatte durante gli itinerari del gusto, improvvisati di volta in volta sul territorio che un tempo era il Regno delle due Sicilie. Lo ha attraversato col “fiuto del cronista” e l’ascolto alle “voci ricorrenti” nelle gite settimanali delle domeniche e lunedì mattina (considerato che riapre, dopo la pausa, il lunedì sera), trasformate in percorsi alla scoperta di cibi sconosciuti (anzi dimenticati) ma forse anche per questo più saporiti. E’ stato così che ha girato il Cilento (per le famose confetture di fichi), la Terra di Lavoro per la Mozzarella di Bufala e il Conciato Romano di Castel di Sasso, arrivando fino a scalare (si fa per dire) il monte Pollino (terra di briganti tra Lucania e Calabria) alla scoperta dei Formaggi Caprini locali, freschi, stagionati e muffati con pratiche in via d’abbandono a causa della burocrazia. Cibo di nicchia che Buono ripropone con entusiasmo ai clienti con lo scopo di diffonderne l’apprezzamento consapevole, considerato che viene trascurato dai centri commerciali.

Il collega Yuri ci ha raccontato che si era all’inizio trasferito a Crema, deciso a crearsi il futuro al Nord prima di aprire il ristorante a Pompei. Fortunatamente una cugina avveduta gli ha aperto gli occhi dicendogli di ripensarci. Così è stato. E’ rimasto (anzi è tornato a casa) a sperimentare una formula della comunicazione che nella ristorazione mette al primo posto il contatto umano, il cibo autentico e la musica (naturalmente napoletana). Se a questa trinità annettiamo l’amore per la famiglia e quello per la terra d’origine ecco creata la chiave di volta per interpretare l’eroismo del mondo dell’alimentazione della tradizione napoletana. Ci riferiamo alle comunità del territorio vesuviano e meridionale in genere che sono ultime eredi di un antico retaggio. Lui (Yuri) si è ritagliato in quell’ambito un mestiere che lo pone a capo di un “movimento di resistenza” armato del sapore e il valore dell’accoglienza che vantano un “respiro” mediterraneo fin dall’antica Pompei, incentivato col regno di Federico di Svevia ed esaltato dalla grandezza di Carlo III di Borbone. Ora è necessario valorizzare, prima che sia troppo tardi “valori fuori mercato” frutto della fatica del contadino meridionale, artigiano della natura e paladino del cibo di nicchia. Ultimo replicante della magia dei cicli produttivi che sono governati dalla luna e fecondati secondo le leggi della natura. Noi alle parole abbiamo preferito la meditazione gustativa lungo i “segnali” del filo “rosso pompeiano” tracciato sui muri del Vincanto bistrot “ che spiegano il significato della “scelta di vita” fatta dal giovane imprenditore intellettuale pompeiano e testimoniata dai cibi in bella vista e dagli arredi del suo ristorantino da quaranta coperti e con una grande notorietà sul territorio. Presidi slow food, come “i piselli cento giorni”, i vini naturali Narbit a chimica zero, prodotti da piccole aziende esclusivamente con uva propria (aziende FIVI, Federazione Italiana Vignaiuoli Indipendenti). In abbinamento al vino rosso (o al prosecco) la Ditta Buono propone la degustazione dei salumi di Mirabella Eclano (senza conservanti) e dei formaggi artigianali dei monti lattari (provolone del monaco) e dell’Alto Casertano. Presenti anche “etichette rinomate” come il Taurasi di Perillo, il Fiano Rocca del Principe, il Greco di Tufo Pietracupa, l’Aglianico del Vulture Musto Carmelitano e il Falerno del Massico della cantina Papa.

Bruschette, caponate e pomodorini del Vesuvio staccati con cura uno ad uno dai piennoli (sculture naturali). Finale coi fuochi d’artificio dell’amaro Concerto di Costa d’Amalfi mentre osserviamo sulla parete grande, a fronte d’ingresso, tre oggetti-simbolo di una metafora : La bandiera del Regno delle due Sicilie, la chitarra per il canto conviviale (e le serenate romantiche) e la maschera di Pulcinella di un mestiere in cui bisogna sorridere sempre. 

Yoru Buono è un collega giornalista di Torre Annunziata. Anche lui, come tutti i torresi, fedele lla Madonna della Neve. Pubblichiamo con piacere una sua poesia dedicata alla Vergine Bruna:

Nera.
Comme 'a cuscienza 'e chi spara.
Comme 'e mmane ca cercano pane.
Comme a ll'anema 'e chi pace nun trova.
D'oro.
Comme 'a cuscienza 'e chi prega.
Comme 'e mmanelle, ch'a tte s'astregneno.
Comme all'anema, 'e chi te cerca e te trova.
Janca.
Comme 'a neve, ca 'o mese 'austo scennette.
Comme 'a veste, ca se mette chi pe ssempe prumette.
Comme 'e nnuvole, addò m'assettasse pe te guardà.
E tu Madonna nera 'e faccia, 
d'oro 'e core 
e janca 'e cuscienza, 
pittace pure a nnuje cu 'sti tre cculure
e 'mparace 'a pacienza.
Astipace accussì,
cu 'a speranza ca dint'ô core tu c'hê miso;
e fance addurmì, pure stanotte, 
sunnanno 'o Paraviso