A cura della Redazione

Una seduta di consiglio comunale burrascosa quella svoltasi nei giorni scorsi al comune di Pompei, che ha messo in luce la scarsa compattezza dei cinque consiglieri di opposizione. Infatti mentre due di essi (Domenico Di Casola e Alberto Robetti) abbandonano l’aula in segno di protesta, gli altri tre continuano regolarmente i lavori (ad uscire dall’aula anche un consigliere di maggioranza).

Tutto è nato dalla richiesta di Di Casola di ritirare le delibere sulle variazioni di bilancio in discussione, perché - secondo il consigliere - considerate illegittime. Richiesta non recepita dalla maggioranza che ne rigettava la proposta. Da qui l’uscita dall’aula.

Poi lo sfogo di Di Casola sulla sua pagina di facebook in cui, oltre ad un duro attacco alla maggioranza, così conclude il suo post: “E' stato grave sul piano politico il rimanere in aula per i restanti tre consiglieri di minoranza. Auspico per il futuro un gruppo di minoranza compatto su tutto, perché noi non faremo sconti a questa amministrazione, ma non li faremo nemmeno a noi stessi. Occorre coerenza, azione e determinazione nel continuare a lavorare per il grande progetto di cambiamento di Pompei per cui siamo stati votati da circa il 50% dei nostri cittadini”.

La vicenda ha avuto uno strascico politico con l’intervento di due forze politiche della maggioranza del sindaco Carmine Lo Sapio.

L’assessore Ciro Cascone di Campania Libera indirizza strali contro Di Casola: “Il consigliere parla di problemi di maggioranza, senza rendersi conto che dovrebbe fare chiarezza tra la minoranza. Se su 5 consiglieri di opposizione presenti, 3 sono rimasti in aula, è chiaro che il ruolo di leader di opposizione è solo una sua convinzione. La sua rabbia, per aver perso le elezioni, lo porta a dire solo cose negative sull'operato dell'amministrazione e non si rende conto che questo suo atteggiamento, oltre a non spaventare nessuno, danneggia Pompei. Piuttosto che mettere alla berlina i suoi colleghi consigliere, e quindi dare la colpa agli altri, si interroghi sulle ragioni per cui la sua proposta di lasciare la seduta di consiglio comunale non è stata condivisa o meglio accettata. Sono ormai due anni che Di Casola lancia invettive, presenta interrogazioni e denunce al solo fine di denigrare gli altri. Ciò ci porta a dubitare sulle sue capacità amministrative, ragion per cui siamo sempre più orgogliosi di non aver contribuito a farlo eleggere primo cittadino”.

Infine, la stoccata finale: “Il consigliere Di Casola dovrebbe scindere la sua professione di avvocato da quella di consigliere di opposizione. È palese che tale confusione genera in lui la convinzione che l'aula consiliare sia l'aula di un tribunale".

Non si è fatta attendere neppure la risposta di Pompei Popolare.  “Leggendo degli ultimi avvenimenti verificatisi nel consiglio comunale e colpiti dalla disperazione del politicante imbelle – si legge in una nota della forza politica -, ci sovviene alla mente una delle famose favole di Fedro.  Qualcuno, autoproclamatosi ‘leader’, attacca con violenza verbale dei suoi colleghi consiglieri comunali solo perché costoro hanno avuto l’ardire di esercitare il loro mandato di opposizione secondo una modalità diversa da quella assunta dal politicante imbelle”.

La nota di Pompei Popolare continua, poi, con un tocco di satira: “In merito suggeriamo al sedicente ‘leader’ di andare a leggere la famosa favola de ‘Il lupo e la volpe con la scimmia giudice’. La favola è incentrata su una questione di possesso e ci sono due contendenti. Il lupo che accusa la volpe di furto, e quest’ultima che afferma di non saperne nulla. Di conseguenza la questione finisce davanti ad un giudice (la scimmia) che, dopo le arringhe dei due, pronuncia la sua sentenza. Rivolto al lupo afferma: «Non penso che tu abbia effettivamente perduto quello che pretendi». Alla volpe, invece, dice: «Credo però che tu abbia rubato ciò che bellamente neghi di aver rubato». La morale è dunque che «quando qualcuno è diventato famoso per un turpe “imbroglio”, non è creduto anche se dice il vero». Quindi venendo a quanto accaduto in Consiglio - conclude la nota -, colui il quale credendo di imbrogliare gli altri (consiglieri comunali) ha turpemente pensato di essere il loro ‘leader’ (e di poterli ‘manipolare’), e si lamenta oggi di aver perso costoro, in realtà non ha ancora capito che, effettivamente, non lo è mai stato (sin dal primo consiglio comunale). In sostanza anche se stesse dicendo il vero (riferito ai fatti) non sarebbe comunque creduto perché giammai gli è stato conferito il ruolo che egli, turpemente, vuole far credere di aver avuto”.