A cura della Redazione
Ci sono proteste che non godono dei privilegi del megafono, spesso il tono è talmente basso da non riuscire a raggiungere neppure i destinatari. E’ una questione di abitudine, quasi di discrezione, ma stavolta prestare ascolto ai poliziotti del Commissariato di Torre Annunziata è quasi un dovere civico. Per la seconda volta in pochi mesi hanno minacciato la richiesta di trasferimento in massa, una sorta di ritirata davanti a un nemico che non viene sufficientemente emarginato, allontanato, respinto nei suoi continui tentativi di collusione. Così, per loro, che restano in prima linea, la lotta è impari, intorno raccolgono solo diffidenza, non collaborazione. Al cittadino-eroe è utopia credere, ma almeno il sentimento della solidarietà deve resistere. L’indifferenza è il peggior modo di ostentare il proprio disinteresse. E invece l’interesse è comune a tutte le persone oneste che abitano Torre Annunziata: sono la maggioranza troppo silenziosa di una città che invece sta riacquistando la voce, che intimamente ha la voglia di gridare la propria rabbia, di riconquistare spazi di vivibilità oggi negati. La strada, per esempio: non basta l’operazione (meritoria) di maquillage del Corso, ora occorre popolarlo, evitare che dopo la chiusura dei negozi si trasformi in un deserto. La gente, parola indefinita per una moltitudine indefinita, dice che non si sente sicura, che ha paura. Di chi? Di che cosa? Del solito nemico che ha faccia conosciuta da tutti, il ghigno feroce per incutere terrore, la mente ormai obnubilata da un concetto deviato: il padrone sono io, gli altri devono rassegnarsi. La rassegnazione è il nostro male: impedisce di trovare la forza per reagire, per dimostrare che un’esistenza normale è possibile anche qui. Poliziotti, carabinieri e vigili urbani sono i garanti della nostra sicurezza, gli unici in grado di tutelarci dalla sopraffazione che per qualcuno sembra essere la sola legge possibile. Questa certezza deve essere annientata, scacciata dai confini di Torre. La militarizzazione delle vie (ricordate le proposte sull’uso dei soldati per l’ordine pubblico?) non è la via migliore, la tensione che procurerebbe sarebbe senz’altro superiore all’illusione di una miracolosa soluzione del problema criminalità. Ma è altrettanto intollerabile che chiunque indossi una divisa sia considerato un estraneo, se non un avversario da non assecondare in nessuna sua richiesta. Ecco perché la protesta dei poliziotti deve diventare la nostra protesta. Diamole voce. MASSIMO CORCIONE DIRETTORE SKY SPORT