A cura della Redazione
Il non voto, grido silenzioso Uno su tre ha detto: no, grazie, non voto. Partiamo da qui, da questo rifiuto dettato dallo sconforto, dalla voglia di far arrivare forte e chiaro un messaggio di dissenso. Io non so se qualcuno raccoglierà mai questa bottiglia affidata al mare delle elezioni. Ecco perché, alla vigilia, mi ero permesso di consigliare: votate per chi volete e poi presenterete il conto. Trovare un interlocutore ora sarà più difficile, questa è la prima impressione, frutto dell’analisi sulle assenze più che sulle presenze ai seggi. Leggerete in questo numero com’è cambiato il voto, quale indirizzo abbiano avuto i flussi, ma quella percentuale di astenuti non è un dettaglio trascurabile. Avete sentito quante parole sono state spese sulla questione settentrionale? Esiste anche quella, vivendo a Milano la tocco ogni giorno, e devo ammettere che ha pure un suo fondamento logico. Logico, ma non politico: lo Stato e chi lo regge per investitura popolare, deve occuparsi del bene di tutti, non può ridurre tutto a una partita di giro, dove le uscite e le entrate devono bilanciarsi. Se così fosse, altro che federalismo, noi finiremmo in un ghetto senza speranza. Per il fisco rappresentiamo fonte limitata di introiti, pessimi clienti, insomma. Colpa dell’evasione, soprattutto della mancata produzione di reddito. Non è una colpa, non può diventare una pena. Per l’intera campagna elettorale si è parlato tanto di precari, noi siamo un livello più sotto, il precariato per molti giovani sarebbe già un traguardo. Ma L’Italia non può essere paragonata a un supermarket dove i cattivi pagatori devono essere messi alla porta. Resta, incontestabile, un fatto: i consensi ottenuti dalla Lega hanno spostato il baricentro molto più a nord. Anche chi ha perso punta lì, dove la sconfitta è maturata. E di chi è restato a casa nessuno si cura. Più che assenti. Fantasmi. Il rischio di essere considerati fantasmi riguarda tutti noi, non possiamo accontentarci che le nostre emergenze si riducano solo alla monnezza. O almeno la monnezza non è solo quella che fuoriesce dai cassonetti nei giorni di crisi nera. Ripulire le città da quell’altro tipo di rifiuti è impresa più ardua, meno di facciata, ma assolutamente indispensabile per garantirci la sopravvivenza. L’arrivo del comando dei carabinieri, il rafforzamento della presenza della Polizia, la garanzia che lo Stato sia qui a mostrare l’efficienza più che i muscoli: sono tutte esigenze indifferibili. Alle quali chi governerà dovrà rispondere con fatti concreti. Scorrendo la lista degli eletti, scopriamo quel che già sapevamo alla vigilia: non c’è nessuno, dico nessuno, che abbia un legame diretto con Torre Annunziata, che possa definirsi espressione diretta della nostra realtà sociale. Probabilmente sarà così per l’ultima volta, ma comunque ci attendono cinque anni senza una vera rappresentanza. Allora, a chi toccherà presentarlo, questo conto? Il compito dell’amministrazione comunale è fondamentale, guai a mollare la presa. Se davvero il Consiglio dei Ministri farà tappa a Napoli, Torre Annunziata dovrà essere lì a reclamare l’attenzione che la gravità della situazione impone. Poniamo ufficialmente la questione torrese: una comunità di quarantottomila cittadini italiani non può essere abbandonata a se stessa. Il non voto è stato un grido silenzioso. Ma se nessuno dovesse ascoltarlo diventerebbe solo un rantolo disperato di una città moribonda. MASSIMO CORCIONE DIR. SKY SPORT