A cura della Redazione
La voglia di essere liberati Chi ha detto che denunciare non serve a niente? Prima o poi la voce arriva al naturale destinatario e qualcosa potrà pure cambiare. L’alternativa, del resto, quale sarebbe? Restarcene in silenzio complice, o subire come vittime predestinate una sorte che altri hanno deciso per noi? No, non può essere questa la fine della nostra storia. Dobbiamo crederci e sfruttare tutte le occasioni per mutare la nostra condizione. Anche alzando la voce. Un giornale, questo giornale, serve soprattutto a questo, in momenti di profonda precarietà diventa un dovere più che un diritto. Le cattive notizie continuano ad assalirci con la loro violenza devastante. Neppure il tempo per incassare un po’ di ottimismo con l’approvazione della Zona Franca, ed ecco la nuova mazzata: lo Spolettificio Esercito è molto vicino alla chiusura. Sarà pure la conclusione inevitabile di una vita industriale lunga due secoli e mezzo, ma resta un triste epilogo. Tradotto in posti di lavoro non rinnovabili, ne perdiamo più di duecento. In tempo di recessione è una pericolosissima emorragia. Come porvi rimedio? Le occasioni offerte dalla Zona Franca vanno sfruttate subito, soprattutto la conoscenza delle modalità per accedere alle agevolazioni va diffusa per coinvolgere tutti i potenziali interessati. Insomma occorre reagire. Finalmente supportati da un senso di maggiore sicurezza: l’insediamento del nuovo comando dei carabinieri non è più solo un’eventualità, un miraggio, una promessa non mantenuta. Una vicenda lunga anni giunge finalmente a compimento, ma non è ancora il momento di ascriversi meriti. Aspettiamo i primi risultati di questa crociata per la legalità. Avete visto che cosa sta accadendo a Casal di Principe: la sfida della camorra continua nonostante la militarizzazione. Quei check point piazzati agli ingressi del paese fanno tanto Medioriente, eppure si uccide ancora. Il rispetto della legge non può essere solo imposto, va sentito come valore da parte dei cittadini. E’ una questione di coscienza. Non arriveranno i liberatori, ma degli alleati per combattere una mentalità più che un nemico. Organizziamo pure una festa di benvenuto, come ho visto proporre sul nostro Muro, ma soprattutto aiutiamoli a farli sentire impegnati in una missione di pace, non di guerra. L’occasione per un’accoglienza festosa è bell’e pronta: il 22 ottobre quest’anno può coincidere con l’inizio della liberazione. Dipende da noi, dalla nostra voglia di essere liberati. Quella va gridata, altrimenti nessuno ci ascolterà. Mai. MASSIMO CORCIONE