A cura della Redazione
Potremmo essere davvero giunti all’anno zero. Ora che tutto è stato svelato, ora che tutta Italia conosce le nefandezze che hanno reso questa città agonizzante, ora che lo Stato ha dato un segno evidentissimo della propria presenza, ora comincia il lavoro più difficile: la ricostruzione. Negli anni è stata rasa al suolo ogni forma di morale: la camorra spa si era proposta come principale datore di lavoro in una terra disperata. Nella lunga e dettagliata ricostruzione dei magistrati si legge di raccomandazioni per entrare nella squadra dei pusher, dei venditori di droga: un posto sicuro, più o meno come un lavoro alle Poste, ma meno faticoso e meglio remunerato. Sono particolari, dettagli che denunciano come il confine tra il lecito e l’illecito fosse stato abbattuto. E siamo solo alla metà del romanzo criminale, la bonifica del territorio è ancora lontana. Hanno fatto rabbrividire le testimonianze raccolte sul muro di Torresette qualche ora dopo il blitz: apparentemente non era cambiato molto, soprattutto continuava il commercio di droga a cielo aperto. La ricostruzione dei traffici era cosa nota a chiunque abbia vissuto la realtà di Torre Annunziata negli ultimi decenni, eppure vedere quelle immagini in tv, leggere quelle storie raccontate da chi ha indagato ha prodotto lo stesso effetto di Gomorra. Un pugno diretto allo stomaco, accompagnato dalla inquietante domanda: possibile che si sia finiti tutti così in basso? Sì, tutti: chi oggi è stato arrestato e gli altri, la gente normale che si è adattata, che si è rivolta all’anti-Stato per garantirsi la sopravvivenza, senza nemmeno essere sfiorata dal dubbio che quella era complicità, adesione a un piano delinquenziale che alla fine avrebbe provato a soffocare tutti, compresa la politica. La rappresentazione che giornali e televisioni hanno dato dell’operazione di martedì è stata, forse, troppo semplicistica: ha fatto notizia la cattura delle donne del clan, descritte come il nuovo vertice, i nuovi boss che suppliscono all’assenza dei mariti, dei figli isolati in celle di massima sicurezza. E’ solo la conferma che l’organizzazione si rigenera continuamente, organismi che si riproducono potenti come prima. E’ quello che bisogna assolutamente evitare che accada. Non bastano polizia, carabinieri e guardia di finanza. Finora ci eravamo lamentati per carenza di repressione, è giunto il momento della prevenzione. Nella ricostruzione lo Stato ancora una volta recita un ruolo fondamentale. Non basta aver mostrato la faccia dura, aver fatto scattare le manette. Ora deve salvare gli altri, deve convincere una platea ancor più diffusa a cambiar registro, a non considerare quei signori e quelle signore come i salvatori, i benefattori pronti a soddisfare le esigenze primarie in una terra senza lavoro. L’esercito dei manovali va convertito, centinaia di ragazzi vanno convinti che ancora esiste la società civile (intesa come insieme di norme di convivenza e non con club delle cosiddette persone perbene). Occorre dar loro una luce, una speranza. Il sindaco ha provato ad accenderla questa luce: adesso riprendiamoci la città, è stata la sua prima dichiarazione. Occorre riconquistarla, non solo fisicamente, ma occupando spazi che erano stati sottratti al pubblico controllo, offrendo opportunità finora negate, evitando tentazioni finora troppo forti. La zona franca è una possibilità, concreta, però non sufficiente. Resta tantissimo da fare, e da soli non possiamo farcela. Nell’anno zero, lo Stato, ora che ha finalmente deciso di liberarci, non può abbandonarci. MASSIMO CORCIONE