A cura della Redazione
Era il rito più scontato d’inizio anno: il censimento dei primi nati. Una foto da mettere in bella mostra fuori della sala parto, un nome da ricordare per qualche giorno, poi la vita di quel nuovo abitante della Terra sarebbe filata via come le altre con le sue speranze e le sue delusioni. Ebbene, quest’anno, nell’ospedale di Boscotrecase, il nostro ospedale, non è nato nessuno il primo giorno dell’anno. Il segno più evidente dell’invecchiamento che ci colpisce inesorabilmente, ma anche l’indizio che testimonia una fuga dei giovani da Torre Annunziata. Non è un fenomeno circoscritto alla nostra città, da Torre del Greco a Boscoreale si riesce a collezionare un numero di nascite appena sufficiente a giustificare un solo reparto maternità. Abbastanza per negare uno dei più frequentati luoghi comuni: la nostra prolificità. E per confermare la povertà che ora colpisce chi un tempo aveva la prole come unica ricchezza. Si chiamava proletariato per questo, Torre era una delle roccaforti nazionali. Di quel tempo è rimasto qualche insegna, fogli ingialliti (ma preziosi) di libri di storia, e un po’ di nostalgia che sempre ci accompagna. Intorno tutto è cambiato: apparentemente il livello di vita s’è elevato, le prospettive si sono quasi azzerate. Ma senza giovani diventa difficile costruire il futuro, qualsiasi futuro. Ecco perché insisto sulla necessità di lavorare sull’educazione dei ragazzi. In questo numero di Torresette leggerete la storia di un Oratorio benemerito, avamposto di civiltà nella zona più difficile. Il lavoro di chi segue i bambini di quei vicoli appena riconquistati alla legge è fondamentale. Parole come rispetto, amicizia, onestà, studio, non sono facili da pronunciare se tutto intorno vedi sopraffazione, prepotenza, illegalità, ignoranza. Difficile anche parlare di lavoro, e questo è il vero problema. Garantire la sopravvivenza a una giovane famiglia è impossibile senza una fonte di reddito, ecco perché la partenza è sempre la soluzione più praticata. E non sarebbe neppure un male assoluto, se poi a chi vuole fosse concesso di tornare. L’esperienza vissuta lontano da casa rappresenta sempre un arricchimento, un confronto con una diversa realtà e non sempre un imbastardimento delle proprie tradizioni. Quelle restano anche se - com’è capitato a Oscar Guidone – il destino ti porta nella Foresta Nera; fanno parte del DNA culturale, sono le radici inestirpabili che ti fanno sentire torrese per sempre. Orgoglioso di mostrare sulla carta d’identità un privilegio negato a chi comincia oggi la propria vita: nato a Torre Annunziata. P.S. Il popolo dei migranti torresi ha perso in questi giorni una donna straordinaria: Fiorenza De Bonis. La vita non le ha concesso la chance del ritorno. MASSIMO CORCIONE