A cura della Redazione
Non so se a qualcuno di voi sarà capitato di sfogliare (e di leggere) il rapporto Campania prodotto dal Corriere della Sera mercoledì. Vi garantisco: due ore da sogno per un napoletano; tutto il meglio della nostra terra condensato in 44 pagine che invoglierebbero chiunque a non muoversi mai da questo paradiso. Tradizione e tecnologia, alta cucina e alta sartoria, arte e perfino industria: non ci manca nulla. Il problema resta sempre il dopo: quando, finita la lettura, si alza lo sguardo dalla pagina e un’altra realtà ci investe. Anche a voler essere ultra ottimisti (il difetto che molti miei amici mi attribuiscono quando parlo di Torre), le citazioni per la nostra città sono solo trascurabili, come se Torre fosse stata cancellata dall’atlante positivo della Campania. Non si citano neppure i fallimenti, ma questo non è un buon servizio reso alla Regione e ai suoi abitanti. Certo, vedere descritto quel concentrato di efficientismo, di bellezze, di patrimonio unico e assolutamente invidiabile accresce solo il rimpianto per la gestione dell’altro, di quella parte di Paese che dovrebbe completare l’offerta, esaltandola oltre ogni possibile concorrenza. Perché ciò non accade? La domanda è antica, anzi antichissima, visto che le contraddizioni risalgono almeno a duemila anni fa, tanto per non andar troppo indietro nel tempo. C’è stata una frase che mi ha colpito nella lettura del Corriere. Un giovane regista fiorentino che ha scelto Napoli per vivere e lavorare ha spiegato così la propria predilezione: “E’ una città che reclama attenzione”. L’attenzione può essere segnalata anche da uno speciale del primo quotidiano d’Italia, se può funzionare da energetico per ricostruire quello che è stato distrutto. C’è un aspetto confortante in questa celebrazione della Nuova Campania: non si parla mai del tempo che fu come di un’era dell’oro alla quale si ambisce tornare. Si parla del presente e si descrive una realtà contemporanea, una realtà che vorremmo davvero estesa a tutto il territorio senza eccezioni. Noi, purtroppo, rappresentiamo l’eccezione. E un po’ siamo stanchi di esserlo. Appuntamento al prossimo rapporto: non ci basteranno quel giorno poche righe, vorremmo una pagina intera. Per raccontare il bello di Torre Annunziata. In fondo, molto dipende da noi. MASSIMO CORCIONE