A cura della Redazione
Il ministro Maroni, in una delle interviste natalizie, aveva ammonito i meridionali: chiedete lavoro, non stipendi. La questione è antica, alimentata anche dai professionisti della napoletanità che con i loro aneddoti enfatizzati producono più danni della grandine: ricordate la differenza tra posto e fatica? Più che un’etichetta è stata un’infamia che ha accompagnato chiunque abbia provato a trovare lavoro e fortuna lontano da casa. Un handicap che è stato spesso uno stimolo supplementare. Lavoro e non stipendi avrebbe dovuto assicurare la Zona Franca Urbana, la zattera alla quale erano appigliate le nostre speranze di rivedere ripartire Torre Annunziata. Erano state alimentate dalle parole di un altro ministro, Scajola, che per mestiere si occupa di sviluppo. Molte realtà difficili del sud erano state parificate ad altre di regioni meno precarie, un compromesso trovato all’interno della maggioranza: anche il nord ha il suo meridione, l’allargamento poco importava a chi aspettava solo un segnale di attenzione. L’ultimo giorno dell’anno quella che sembrava una certezza è diventata quasi una beffa: i vantaggi legati alla defiscalizzazione sarebbero praticamente sfumati secondo l’ultima versione del cosiddetto decreto milleproroghe che di fatto prorogherebbe solo la nostra disperazione. Ma come? Avevano chiesto di scommettere sui giovani, sui singoli, sulla rivalutazione delle piccole attività e ora annullano tutti i benefici legati alle imprese che avrebbero dovuto nascere. Non iniziative ciclopiche con decine di dipendenti, ma piccole strutture che sarebbero state soprattutto grandi scommesse. Le illusioni di una generazione di trentenni sono davvero destinate a sfumare per uno di quei numeri da alchimia contabile? Proprio quando erano già in corso degli splendidi esercizi di fantasia per ridisegnare la parte della città ingiustamente dimenticata negli ultimi decenni. Il recupero delle antiche tradizioni e degli antichi mestieri dovremo davvero riporlo nel cassetto dei sogni irrealizzati? Non ci sta più niente, presto saremo costretti pure a non sognare. Diciamo che è stato un piccolo-grande tradimento, l’ultimo subito, quasi per niente mitigato dagli aiuti regionali legati a progetti sociali. Per dirla alla Maroni, quelli sono più stipendi che lavoro. E stavolta non siamo stati noi a scegliere. MASSIMO CORCIONE