A cura della Redazione
Eccoci catapultati di nuovo nel clima pre-elettorale. Si vota, dovrebbe essere l’esaltazione della democrazia, il punto massimo di partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica. E invece siamo già alle liti, alle minacce, alle piccole vendette che si consumano o si usano come arma di ricatto. La campagna è iniziata all’insegna della contrapposizione più violenta. Si è partiti all’interno delle singole coalizioni: la designazione dei candidati è stata preceduto da un estenuante braccio di ferro, e non sempre ha prevalso la forza delle idee. Eppure abbiamo ancora l’arma migliore in mano. Alla fine siamo sempre noi a decidere chi vince e chi perde, non esiste nessun grande vecchio in grado di manipolare i risultati nell’urna. Lo stesso argomento serve per annullare qualsiasi alibi in caso di scelte contestabili: saremo sempre noi ad averle fatte, magari cedendo per un attimo a tentazioni clientelari. Ma sarà quell’attimo a condizionare per il prossimo futuro la nostra vita di cittadini. L’impressione è che ancora una volta sfugga a molti l’eccezionalità del momento. Non possiamo concederci il lusso di errori, abbiamo esaurito tutto il campionario. Non sto qui a ripetere la litania dell’importanza del candidato torrese, non siamo rappresentati a nessun livello, e il dettaglio pesa anche sulla nostra quotidianità. Gestire l’eterna emergenza senza sponde diventa un’impresa titanica. Pare scongiurata l’ipotesi di chiusura della principale azienda del Polo Nautico: quella presenza non aveva prodotto effetti taumaturgici sulla nostra fame di lavoro, ma almeno aveva fermato una tendenza che portava alla chiusura più che all’apertura di nuovi stabilimenti. Dal mare – ne sono convinto – arrivano le occasioni più favorevoli per ipotizzare nuovi modelli di sviluppo, rinunciare ai cantieri nautici sarebbe stato una castrazione. Stiamo sopportando l’onda lunga di una crisi che ha prodotto danni ritardati, l’occupazione soffre la peggiore performance negativa degli ultimi anni e in giro senti solo discorsi accademici, dichiarazioni di principio che meriterebbero cittadinanza in un paese normale. Qui non siamo in un paese normale, ma viviamo una realtà drammatica. Queste tinte fosche a Torre spesso diventano buio assoluto. Abbiamo bisogno di una luce, di una speranza. Piccoli miracoli altrove sono stati realizzati, perché non può accadere lo stesso anche qui. Ma non aspettiamoci prodigi sovrannaturali, le grandi imprese le fanno gli uomini, più che i santi. Basta scegliere quelli giusti. MASSIMO CORCIONE