A cura della Redazione
Il dubbio assale sempre chi si occupa di informazione: la rappresentazione della realtà riesce a tenere il passo della realtà stessa? Nonostante l’accelerazione imposta dai nuovi mezzi, la sensazione è sempre la stessa: il racconto è in perenne ritardo, anche quando apparentemente non cambia nulla. E non può essere consolante la constatazione che in ritardo non sono solo i cronisti, ma lo è anche chi alle sollecitazioni dovrebbe dare risposta più o meno immediata. Storia vecchia questa, della politica che mentre analizza un fenomeno non s’accorge delle mutazioni, arrivando alla soluzione quando tutto è già cambiato. Riflessioni forse ovvie, ma che tornano d’attualità nel momento delle scelte elettorali. Vista da lontano, la campagna per le regionali campane (l’unica che ancora riesce ad appassionarmi) ripercorre antichi sentieri: al di là dello scontro indiretto, senza esclusione di colpi, c’è poco. Il rosario dei programmi è sempre lo stesso, grani ormai consunti che non si rinnovano. Sicurezza e lavoro, innanzitutto: argomenti inappuntabili, ma le proposte per risolverli sono le stesse già tentate (e fallite) in passato. Nessuna novità, nessuno spunto creativo. E anche noi, che raccontiamo questi tour attraverso paesi e cittadini che restano sconosciuti per i candidati, ci limitiamo a riferire l’ovvio, diventando conniventi, testimoni di uno spettacolo che non cambia mai copione. Intorno tutto viaggia a una velocità doppia, anche l’esasperazione popolare davanti a problemi che non trovano mai soluzione. E quella diventa difficile da gestire, per tutti. Il sospetto è che solo chi governa in periferia sia consapevole della disperazione del momento, ma trova interlocutori distratti da altri disegni, da altri progetti, nei quali Torre Annunziata occupa un ruolo molto marginale, purtroppo. Ecco perché – insisto – stavolta il compito di chi è chiamato alla scelta è ancora più importante, assolutamente decisivo. Ecco perché l’informazione stavolta sarà ancora più importante. E’ affidata essenzialmente alla parola scritta, il sostanziale silenzio al quale è stata ridotta la televisione non aiuta. Il match diretto non sarebbe stata solo politica-show, ma strumento d’indagine per rilevare i tempi di reazione. In questo mondo (politico) ad andamento lento pure questi dettagli fanno la differenza. MASSIMO CORCIONE