A cura della Redazione
Siamo sempre tutti eternamente divisi tra il sogno e la realtà. Il contrasto spesso è violentissimo, leggerlo nero su bianco sul video del computer provoca un senso di alienazione, come se esistessero davvero due mondi che non si incontrano mai, eppure noi frequentiamo entrambi, sospesi tra come vorremmo che fosse e com’è. Riflessioni pratiche che mi hanno assalito mentre leggevo i messaggi attaccati al muro di Torresette. Un sognatore proponeva scene che – credo – già popolano le notti di qualcuno di noi torresi: la riconquista del mare sotto tutte le sue forme, per esempio. Immagini di riscatto che venivano subito scacciate dalle notizie (assolutamente vere) sulla drammaticità della situazione occupazionale. Si è aperta la caccia ai colpevoli, che non pagheranno mai per le loro furbizie, per aver sfruttato tutte le pieghe degli incentivi che hanno consentito avventure più che iniziative industriali. Per chi vede in pericolo un posto di lavoro inseguito come un miraggio, non c’è spazio per i sogni. Occorrono certezze per soddisfare bisogni primari. L’idea che le due dimensioni, quella onirica e quella tristemente reale, possano incrociarsi un giorno è sempre più difficile da realizzare. Non si stravolge la storia economica di una città, quando lo hanno fatto i danni sono stati irreversibili: è questa la vocazione che viviamo. Sappiamo di aver sbagliato, ma non possiamo tornare indietro, ed evocare il passato remoto non aiuta. Sentire definire la situazione occupazionale ingestibile è peggio di una fitta al cuore, sa tanto di condanna definitiva alla sofferenza perpetua. Rafforzata dalle altre emergenze quotidiane, la raccolta dei rifiuti innanzitutto. L’ipotesi di un Natale con l’immondizia al posto degli addobbi è da incubo, e non perché quei giorni siano diversi dagli altri: i sacchetti sparsi sul marciapiede sono uno scandalo sempre, soprattutto sono un pericolo per la salute pubblica, fonte possibile di infezione. La concessione, estorta a un po’ di regioni, di aiutare la Campania a uscire da questo stato di assoluto bisogno risolve solo una piccola parte del problema, il resto tocca a noi, sempre più consapevoli di essere a stento sopportati dal resto d’Italia con le nostre miserie, le nostre camorre e le nostre mancanze. Saviano e Fazio hanno chiuso il loro ufficio elenchi, peccato perché ne avremmo potuto proporre uno inedito: la lista dei responsabili della nostra decadenza. Ci saremmo anche tutti noi, certo, ma in pessima compagnia. MASSIMO CORCIONE