A cura della Redazione
Parto da una amara considerazione personale che mi accompagna da 24 anni: penso di aver restituito alla mia città molto meno di quello che ho ricevuto. Una riflessione da emigrante volontario, fatta da chi per scelta decise di andar via. Una scelta egoistica, per mettere alla prova le mie aspirazioni professionali, pesarono moltissimo allora (era il 1987) il rifiuto di certe insopportabili apatie, l’atteggiamento di resa che contagiava sempre più persone, l’idea che da un’altra parte si potesse realizzare (nel lavoro e nella vita quotidiana) ciò che qui veniva negato. Il sospetto, devo riconoscerlo, era fondato: ho vissuto una vita più facile, quasi in discesa per uno di noi abituato a scalar montagne per soddisfare le esigenze più elementari. Eppure resta un senso di sconfitta, per aver disertato la battaglia per la legalità, per non aver profuso sforzi accanto a chi questa lotta l’ha combattuta in prima linea, per aver fatto da spettatore all’ennesimo declino. Così, da ex giovane, non posso che provare simpatia e ammirazione per iniziative come quella di “Oplontiamo”: la voglia di mettersi in gioco, di scendere in trincea, di evitare la fuga dorata proclamata da questi ragazzi di oggi orienta il barometro dell’umore verso il positivo e aumenta anche il rammarico per aver, nel tempo che fu, mancato l’occasione. Le attese che hanno prodotto con la loro novità sono altissime, il primo obiettivo è recuperare alla politica locale la dignità perduta tra le giovani generazioni. L’amministrazione della cosa pubblica è una realtà con la quale è necessario confrontarsi, altrimenti anche non votando si concede una delega al buio, si demanda ad altri il diritto a fare e pure quello a non fare, tanto spesso esercitato. A leggere i nomi e le storie di chi s’è alternato nei posti di governo cittadino non esiste un problema gerontocratico, ma spesso i giovani si sono dimostrati vecchi dentro, poco disposti all’innovazione, troppo arrendevoli rispetto alle abitudini consolidate. E gli altri, i loro coetanei, si sono sentiti poco rappresentati e, qualche volta, pure strumentalizzati. Non sarà una passeggiata trionfale, per quelli di “Oplontiamo”. Già sento gli echi di polemiche per la volontà di non apparentarsi, per le regole troppo rigide incompatibili con l’arte del compromesso, per una visione un po’ radicale di tutti i problemi. Eppure sono una straordinaria riserva di energia, di possibile propellente per idee sul futuro immediato. La dichiarazione di amore verso Torre testimoniata dalla stessa costituzione del movimento è la migliore sfida che potessero lanciare. Ma occorre che puntino a diventare forza di governo, a cambiare le cose da dentro, a introdurre davvero un’aria nuova. Denunciare che cosa non va è importante, ma non basta. Stare a guardare serve ancora meno. MASSIMO CORCIONE