A cura della Redazione
Quante volte la nostra festa è stata in pericolo? Credo che non ci sia stato anno in cui il tema dei contributi non sia arrivato a minare la vigilia. Non siamo mai stati ricchi, da qualche anno siamo sempre più poveri, sia individualmente che come collettività. E la crisi punta sempre dritta sulle celebrazioni civili: cioè la processione non si tocca, il contorno di feste e fuochi sì. I soldi non ci sono, i fuochi saltano, il concerto non si farà: una cantilena finora sempre intonata e poi sempre clamorosamente arrestata qualche giorno prima della grande data: 22 ottobre, il giorno dei torresi. Ma una festa non può ridursi a una mezza festa, si può tagliare tutto, non la gioia che ogni anno vedi sempre dipinta sui volti di chi scende in strada, o resta appollaiato sui balconi sul Corso per assistere al passaggio del quadro della Madonna della Neve. Non so se sia davvero piena devozione alla Santa Protettrice o soprattutto legame profondo alle proprie radici, ma quell’appuntamento è irrinunciabile, più forte della ragion di stato e della ragion di cassa. Leggerete i termini della questione, dall’allarme lanciato dall’assessore Raiola alla replica di Antonio Gagliardi. Ragioni valide tutte, dall’assenza di fondi da destinare alla ricorrenza patronale o dalla scarsa munificenza degli sponsor, fino a scelte di bilancio che chi sta all’opposizione non condivide, ma ora conta solo il risultato finale: la Festa si farà, oppure no? Io resto ottimista, e sono pure tra quelli che si autotasserebbero pur di confermare la tradizione. Non esistono nella nostra storia i rioni, intesi come piccole comunità che vivono una vita sociale paragonabile a quella della grande storia comunale dell’Italia centrale. Non siamo popolo di contradaioli, la stessa contrapposizione tra Torre Nord e Torre Sud (inaccettabile, ripeto, in un territorio lungo appena sette chilometri) è soprattutto dialettica, spesso sono lamentazioni reciproche, non gare tra chi farà più in fretta a uscire dal guado. Forse non è stato sempre così, proprio intorno alle parrocchie un tempo la gente si stringeva e sviluppava un senso di appartenenza che oggi pare perduto. Allora, salviamo il salvabile, e rinserriamo le fila: senza la Festa saremo ancora più divisi. Per un giorno all’anno pensiamo a essere uniti, magari funzionerà anche per i successivi 364. MASSIMO CORCIONE