A cura della Redazione
Il compito più difficile che possa capitare a un torrese (provvisoriamente) emigrante resta quello di spiegare Torre Annunziata a chi ne ha un’immagine lontana, filtrata magari attraverso racconti risalenti a tempi remoti. A me è successo spesso, l’ultima volta qualche giorno fa, conversando con Luigi Prisco, un avvocato milanese che di Torre ha una memoria familiare. E’figlio di Peppino, vicepresidente dell’Inter morto dieci anni fa, uno dei pochi capaci di sdrammatizzare il calcio, trasformandolo in occasione di battute fulminanti. “A chi, puntualmente alla vigilia di Inter-Napoli, chiedeva a mio padre se per lui quello fosse un po’ un derby, rispondeva che tutt’al più avrebbe potuto considerare suo personalissimo derby del cuore una sfida tra Inter e Savoia”. In queste parole affondano le radici torresi di una famiglia che a Torre ha continuato a somministrare cervelli e professionalità eccellenti: Salvatore ed Enrico Prisco dopo un altro Peppino, grande avvocato e nobilissima persona, e Michele, primo narratore di questa Provincia Addormentata, una definizione alla quale ciascuno di noi s’è opposto, prima che subentrasse la rassegnazione. Al Prisco milanese, Torre Annunziata evoca i ricordi di un nonno diventato milanese per amore e un’esperienza recente, legata all’inaugurazione di un Inter club. Ho provato a descrivergli la città di oggi, la terra delle occasioni perdute. Ha il mare, ma non lo sfrutta; conserva i resti di ville romane splendide testimoni di un mondo di duemila anni fa, ma fa poco per diffondere l’invito a visitarle; ha ereditato l’ultimo esempio di un’arte pastaia eccezionale, ma non promuove iniziative per stimolare un’emulazione che altrove ha generato nuova impresa; s’è quasi liberata da un’oppressione criminale, ma non offre alternative a chi s’era adagiato a vivere con le briciole del malaffare. Ecco Torre Annunziata spiegata a chi non l’ha mai vissuta da dentro, non ha mai subito le sue mille contraddizioni, e continua a non capire perché la luce qui non riesca più a splendere. Trovare la risposta non è semplice, la ricerca continua senza successo da quando siamo nati, e sparare nel mucchio non serve a molto: le responsabilità sono frammentate tra potere centrale e i tanti poteri locali che condizionano con le loro scelte e, soprattutto, con le loro non scelte. E’ il momento che procura maggior rabbia: scoprire che dei fondi sono rimasti inutilizzati, che un’ipotesi è svanita. Questo non si può spiegarlo a nessuno, perché è una realtà difficile da comprendere pur essendo nati qui, dove tutto è possibile, anche l’impossibile. MASSIMO CORCIONE