A cura della Redazione
Non è il modo migliore per cominciare le ferie: sentire qualcuno vaticinare che la rivolta sociale partirà da Napoli getta un po’ di inquietudine sul nostro futuro prossimo. Che vivessimo in una terra di frontiera lo sapevamo, che fossimo una popolazione sempre incline ad assecondare la protesta popolare era storicamente accertato, che siamo giunti a un punto di disperazione difficilmente eguagliabile è una certezza, ma vederlo scritto produce un effetto terroristico sul nostro umore. E poi: che la previsione fosse sottoscritta dall’ideologo del Movimento Cinque Stelle era comprensible anche se non giustificabile, vederlo ribadito dal Presidente della Regione Campania fa innalzare il livello di guardia. Come se si certificasse la fine delle speranze, la resa davanti a una discesa senza freni che dura da troppo tempo. Forse somiglia più a un messaggio lanciato in una bottiglia, un s.o.s. che qualcuno dovrà raccogliere. E’ vero che l’assenza endemica del lavoro mortifica quotidianamente la dignità di molte famiglie, la colpa però non può essere attribuita a un despota da destituire, oppure a un sistema da sovvertire, ma alla crisi mondiale di un’economia che mai ha conosciuto un periodo così nero. Dove porterebbe la rivolta? Questa risposta non l’azzarda nessuno. Abbiamo trascorso gli ultimi mesi misurandoci sul concetto del fare, come se FARE provvedimenti, progetti, azioni dirette a migliorare la qualità della vita dei cittadini non fosse il fine stesso del Governo di un Paese. Invece è diventato esercizio straordinario per rimarcare la differenza con il passato meno recente. L’impressione è sempre la stessa: l’eco che arriva a Roma di questa rabbia è lontana, diventa forte solo quando i titoli dei giornali e dei tg amplificano le urla della piazza e della politica locale. Se i riferimenti al rischio reale di una possibile rivolta porteranno a un’attenzione finalmente non episodica, ma sistematica verso i problemi di una terra disgraziata, allora si può accettare anche la forzatura dialettica del Governatore. Finanza pubblica ed economia privata sono al collasso, gli incentivi sono l’estrema soluzione per accelerare una ripresa di cui non si intravvedono i contorni. E per la prima volta non c’è differenza tra nord e sud: siamo tutti maledettamente inguaiati. Questa novità assolutamente inedita trova tutti impreparati, partendo proprio dai governanti: questione meridionale e questione settentrionale rappresentano il raddoppio di un’emergenza inattesa e molto, molto pericolosa Nessuno quest’anno parla di vacanze, quasi sia diventato un lusso fermarsi. Eppure l’estate serve pure a questo, un momento di riflessione per generare nuove proposte e nuovi rapporti. Senza minacce. Quelle di sicuro torneranno a ottobre. MASSIMO CORCIONE