A cura della Redazione
La prima volta che incontrai Ciro Immobile fu in montagna, l’estate di cinque anni fa. Il posto più lontano in cui due nati a due passi dal mare potessero conoscersi. Eravamo a Pinzolo, ritiro della Juventus, si presentava Diego, brasiliano che in Italia fu poco più di una meteora. Ero lì per questo, c’era una diretta da organizzare, e una piazza non è mai luogo così sicuro come uno studio televisivo. Un dirigente juventino mi chiese se volessi parlare con qualche giocatore della Juve: Immobile fu la risposta secca che lasciò il mio interlocutore senza parole. C’erano nazionali e campioni del mondo, e io chiedevo di parlare con un ragazzino. Ciro fu ancora più sorpreso; avreste dovuto vedere la sua faccia quando il capo dell’ufficio stampa si avvicinò per dirgli che lo richiedevano da Sky Sport. Parlammo delle origini torresi, del Savoia e dello zio ex presidente, della grande stima che Ciro Ferrara aveva di lui. Qualche minuto, non di più, il tempo sufficiente per capire che il ragazzino ne avrebbe fatto di strada. Quel viaggio cominciato in Trentino, la prossima estate potrebbe portarlo in Brasile, dall’altra parte del mondo, per vestire la maglia azzurra della nazionale, il massimo per chiunque abbia scelto il calcio come professione. Come Ercolino Castaldo (1 presenza nell’Italia B) e Salvatore Esposito (una apparizione nella nazionale maggiore), tanto per citare i torresi più illustri. Tredici gol segnati in campionato (senza nessun rigore) ne hanno fatto quest’anno l’italiano più prolifico, visto che Rossi è arrivato a 14 con 5 trasformazioni. E di gol Prandelli ha indifferibile bisogno. Il cittì della nazionale e Immobile si sono pure sentiti, come spesso capita quando un calciatore fa benissimo in serie A: nessuna promessa ufficiale, ma la conferma che il nome di Ciro è nell’elenco dei sorvegliati speciali. Una sorveglianza che vale una certificazione di qualità per un giovane di 24 anni (compiuti giovedì). Ha la stessa età di Balotelli, e una vita spesa lontanissimo dai riflettori della cronaca rosa. Torino garantisce una penombra che aiuta a mimetizzarsi prima del giorno della definitiva consacrazione. Quel momento ora è vicino, per lui incrociamo tutti le dita. La gioia (e il merito) sarà tutto suo, da condividere solo con la sua splendida famiglia. A Torre basterebbe l’orgoglio di essere presente a un campionato del mondo. Appuntamento a giugno. MASSIMO CORCIONE