Che cosa cambierà con Vincenzo De Luca presidente della Regione Campania? Mi auguro molto, temo molto poco. Ho il sospetto che vivremo in questa ambiguità del post voto per troppo tempo, almeno fino a quando non si diraderà la nebbia attraverso la quale si è combattuta la campagna elettorale.

Incertezza del diritto e incertezza delle alleanze fortemente minacciano l’attività di un governo prossimo venturo che, invece, non potrà concedersi pause. Non entro nel merito di una questione giudiziaria che sarà risolta eventualmente da altri giudici, così come accadrà con la denuncia per diffamazione presentata dal Governatore; né mi avventuro in analisi dei flussi elettorali che hanno portato molti a scegliere il candidato più scomodo.

Infine, non tiro neppure per la giacchetta il premier Renzi che prima dell’affaire De Luca aveva tenuto un atteggiamento eufemisticamente definibile di distacco da tutto ciò che si svolgeva sotto il Garigliano. Mi limito, da cittadino torrese in esilio, a invidiare la trasformazione che Salerno, un’area tormentata almeno quanto la nostra, ha vissuto nei lunghissimi anni in cui è stata governata dal sindaco sceriffo. È stata amministrata con coraggio, con un’assunzione di responsabilità politica che altrove difficilmente è stato possibile registrare. La differenza è proprio questa, dote fatalmente diventata difetto e soprattutto momento di divisione all’interno della maggioranza che ha vinto le elezioni.

Ve lo immaginate voi un De Luca imbrigliato? Sarebbe come ridurlo all’impotenza, normalizzarlo, passarlo da sceriffo a funzionario. Ecco perché credo che – comunque vada a finire - farà meno di quello che avrebbe potuto e voluto. Ammesso sempre che qualcosa glielo si faccia fare.

Eppure in questo momento la Campania avrebbe bisogno di azioni, di fatti, di iniziative per rimuovere quegli ostacoli che ne limitano fortemente lo sviluppo. L’eterna battaglia per il lavoro va combattuta giorno dopo giorno, il bilancio fallimentare di interi settori (la sanità più di tutti) va risanato: queste sono le priorità assolute. Litanie che si ripetono, intervallate da grida di dolore che si levano da una base sempre più disorientata. Le notizie che arrivano dalla grande economia portano il barometro della crisi verso il sereno, ma qui avvisaglie non se ne colgono. Rinunciare a che qualcuno resti libero di governare sarebbe letale.