C’è ogni volta, nel giorno del 22 ottobre, un momento, un punto esatto, in cui per un istante, un solo istante, lo spirito lacerato e impalpabile di Torre Annunziata si fa riverbero di luce, onda sonora. C’è in quel giorno, un momento, un punto esatto, nel quale le coscienze individuali, quelle di ciascun torrese, si fanno anima collettiva, respiro unico. E il miracolo di sentirsi e riconoscersi parte di una storia con la "S" maiuscola che si incrocia con la minuscola, prende corpo.

Per una volta, una volta sola, rami dello stesso fusto. Un attimo, un battere e levar di ciglia, ed ecco, il prodigio è compiuto, sfuggito ai più, ma incredibilmente, felicemente compiuto. Se interessati, tuttavia, non cercatelo nell‘oscillare di piume sugli stendardi, nel variopinto disordine dell’incalzante onda di fedeli che dilaga, s’arresta, riavanza; nei suoni, nelle voci, nell'avido sporgersi in avanti della gente; meno che mai nell’impettita, impacciata disinvoltura delle autorità marcianti in prima fila.

Il momento più alto, la culla di questa sacra, viva rappresentazione, il nostro teatro della pietà e dell’identità sincere, giunge nel momento in cui il simulacro della Madonna della Neve, poggiato sulla macchina votiva sorretta dai pescatori oplontini, fa sentire tutto il suo peso e la spossatezza impone un passaggio di mano. Allora, i corpi si piegano quasi a sfiorare terra, i muscoli tesi, i volti arrossati per lo sforzo, i denti digrignati. E nel silenzio improvviso, si ode solo il gemito che pare di vedere uscire dalle bocche. Ondeggiando lentamente, l’imponente simulacro si solleva e con esso lo sguardo dei pescatori, carico di fede, avido di altri sguardi.

Occhi che cercano  altri occhi, sguardi che uniscono basso e alto, il grigio della strada ai lini e alle sete multicolori dei balconi addobbati, a part ‘e vasce e chella  ‘e copp, la terra  al cielo. Tutti mossi dallo stesso spirito, tutti, per una volta, con le stesse parole di fede e speranza da masticare nella bocca, figli di una comune devozione, di uno stesso sentire, nel quale il tema del sacro si fa anche speranza civica e laica.

Poi la tensione votiva raggiunge il suo punto più alto e da un grido inneggiante a Maria, parte un lungo, contagioso e interminabile applauso. Il resto è la processione che riprende, si rimette in moto, con la sua bella Madonna bruna, venuta da molto lontano, profuga e clandestina, su un malsicuro barcone, ma accolta come i nostri cuori non sanno più accogliere.

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