Lo hanno trovato dentro una scatola di cartone, davanti alla porta del rifugio. Tremava, avvolto in una coperta troppo grande per il suo corpo minuscolo. Accanto, un foglietto spiegazzato, scritto con lettere storte, infantili, che sapevano di lacrime: «Mi dispiace. Mio papà lo picchia. Non voglio che soffra».
Non era stato abbandonato. Era stato strappato al dolore da un bambino che, pur con pochi anni sulle spalle, aveva già capito la verità più dura e più pura: amare significa proteggere, anche quando ti spezza il cuore.
Quel bambino avrebbe voluto nasconderlo sotto il letto, curare ogni ferita con le sue mani piccole, difenderlo da tutto il male. Ma sapeva che non poteva. E allora ha fatto la scelta più crudele per sé stesso, ma la più giusta per lui: lasciarlo andare, regalargli un futuro che a casa sua non avrebbe mai avuto.
Davanti a quella porta non c’è stato un gesto di abbandono, ma un atto di coraggio. Un sacrificio immenso, muto, che solo un cuore innocente poteva compiere.
E quel foglio, stropicciato e fragile come chi lo ha scritto, resterà per sempre come una prova di quanto amore possa contenere lo sguardo di un bambino