A cura di Anna Casale

Il 2 febbraio è il giorno in cui tanti fedeli “salgono” a Montevergine, per venerare una delle “sette sorelle” Madonne della Campania (le altre sono la Madonna dell’Arco, la Madonna delle Galline, la Madonna Pacchiana, la Madonna dei Bagni, la Madonna dell’Avvocata e la Madonna di Materdomini).

Accanto al precetto cattolico della Candelora, in Campania ogni anno vi è una tradizione suggestiva che lega in sé devozione e folclore, la “juta dei femmenielli” a Montevergine, interdetta quest’anno per ovvi motivi causa Covid.

La Madonna nera di Montevergine, dai fedeli chiamata “Mamma Schiavona” è da oltre otto secoli oggetto di questo tradizionale pellegrinaggio, misto tra paganesimo e religiosità.

La leggenda risale al medioevo e narra di una storia d’amore tra una coppia omosessuale che, scoperti, furono condannati da tutta la comunità locale a morire di stenti legati ad un albero sui monti del Partenio. La Madonna ebbe pietà di loro salvandoli e liberandoli. Il miracolo visto come segno di tolleranza divina ha ispirato la devozione nella comunità omosessuale.

Da allora, il 2 febbraio, i fedeli salgono al Santuario della Madonna, affrontando freddo e fatica in totale silenzio. Una solennità silenziosa che si interrompe ai piedi della scalinata del Santuario-Abbazia dove i pellegrini iniziano ad intonare canti di venerazione. Dopo la tradizionale benedizione delle candele nei pressi dell’altare, i festeggiamenti continuano sul sagrato arricchiti dal suono di nacchere e tammorra.

Congedandosi, poi, da “Mamma schiavona” col canto “ ‘E statt buon Maronna mij, l’ann’ che vene turnamm’ a venì”.

Lo studio delle tradizioni popolari menziona, però, un’ulteriore leggenda legata a Montevergine e riguarda i Coribanti, sacerdoti della dea Cibele, “Madre Nera”, dea della natura, che arrivavano sul monte in questo giorno dell’anno per venerarla. Questi sacerdoti erano soliti evirarsi e donare in offerta alla dea il loro sesso, con lo scopo di rinascere in una nuova identità. Ritornando poi nelle loro comunità con baldanza, tra suoni di tamburo e canti, in abiti sgargianti.

Come può balzare all’occhio del lettore il rituale religioso, cristiano in questo caso, ricorda e riscontra, tra simbologia e rito apotropaico, il filo diretto con quello che era il paganesimo. Mamma Schiavona e Cibele, entrambe dal colore di pelle nero. Un colore che simboleggia le viscere della Terra, da cui tutto si genera e a cui tutto si riconduce femminilità e fertilità.