A cura della Redazione
Ci sono notizie che ti lasciano attoniti davanti alla tastiera. «Devi» scrivere, ma l’emisfero della razionalità viene annientato dall’immensità di un’emozione fortissima e indescrivibile che ti colpisce con violenza, senza alcun preavviso. Mi è successo un anno fa, esattamente il 23 novembre 2011, quando una crudele malattia mi ha privato del sorriso, dell’affetto, dell’amicizia, della bontà, della saggezza, della competenza, della professionalità di un piccolo grande uomo: Silvestro Di Maria. Il Savoia e la comune, autentica passione per il giornalismo (autentica perché per entrambi non era e non è l’attività principale) avevano cementato un rapporto vero, fraterno e sincero che durava da oltre quarant’anni. Nei momenti più delicati, soprattutto i tanti ai quali ci ha sottoposto la tormentata storia del Savoia, prima di dare la stura al mio mai diplomatico istinto, mi rifugiavo nella coerenza e nel buonsenso di Silvestro, Maestro sapiente di equilibrio. Da un anno tutto ciò non è più possibile. Silvestro è stato un esempio di onestà intellettuale al quale dovrebbe ispirarsi l’attuale e spesso «distratta» generazione di giornalisti sportivi. GIUSEPPE CHERVINO