Pubblicata sul sito del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti la relazione della commissione ispettiva ministeriale sul crollo del ponte Morandi a Genova, avvenuto il 14 agosto scorso, che ha provocato la morte di 43 persone.
Nel documento - sottoscritto dai tecnici nominati dal Ministero, in tutto cinque ingegneri coordinati da Alfredo Principio Mortellaro - vegnono avanzate tre ipotesi in riferimento al cedimento del viadotto Polcevera.
La prima: il crollo si sarebbe originato «nella parte di impalcato posto ad est della pila 9, verosimilmente nell'impalco cassone, dal lato sud. L'impalcato tampone lato est perde l'appoggio ovvero entra in crisi strutturale e rovina al suolo con un peso totale di 44 tonnellate, che rovina sull'impalco tampone». Gli ispettori si sono avvalsi dei video che hanno immortalato quei drammatici istanti, evidenziando che restano tuttavia «diversi aspetti da analizzare e chiarire».
La seconda ipotesi: «Il crollo si origina nell'impalcato a cassone del sistema bilanciato, nella metà ad ovest delle antenne della pila 9. Una delle sezioni poste tra il traversone dello strallo sud e i puntoni dei cavalletti, ancora lato sud, collassa; il collasso si estende fino ad interessare l'intersa sezione trasversale dell'impalcato. Collassano quindi le due porzioni di impalcato». Anche in questo caso, si legge nella relazione, nel video ripreso dalla sede dell'Aziande Multiservizi e di Igiene Urbana - preso a riferimento - «le condizioni di illuminazione possono essere ingannevoli» a causa del riflesso del sole sulle nubi.
Terza ipotesi: il crollo si sarebbe originato nello strallo sud-ovest a causa della riduzione per corrosione dello strallo stesso. La parte ad ovest della pila 9 dell'impalcato cassone torce e si separa in due parti. Segue la rovina al suolo nella posizione finale». Tale ricostruzione, puntualizzano gli esperti, «è ipotizzata sulla base di considerazioni analitiche e non appare supportata da riprese video in possesso della Commissione».
Infine, viene formulata una ulteriore ipotesi, frutto di una possibile combinazione delle cause prima descritte. Sta di fatto che per gli ispettori ministeriali, «diverse delle sezioni e elementi strutturali delle porzioni rovinate avevano sicurezza insufficiente o incognita».
La società Autostrade - che gestiva quel tratto di strada e dunque anche la manutenzione del ponte Morandi -, dal canto suo, precisa che «la relazione stessa non tiene in alcun conto gli elementi di chiarimento forniti dai tecnici della Concessionaria nel corso delle audizioni rese su richiesta della Commissione. Inoltre i tecnici della società non hanno avuto finora la possibilità di accedere ai luoghi sottoposti a sequestro da parte della Procura di Genova e quindi di svolgere le analisi e le indagini necessarie per ipotizzare dinamiche e cause del crollo, che peraltro non vengono chiarite neanche dalla Commissione. Le responsabilità ipotizzate dalla Commissione a carico di Autostrade per l'Italia non possono che ritenersi mere ipotesi ancora integralmente da verificare e da dimostrare».
Sotto accusa, da parte della Commissione del MIT, anche la assenza del documento sulla valutazione sulla sicurezza. Secondo Autostrade, tale documento «è prescritto soltanto per infrastrutture situate nelle zone sismiche 1 e 2, mentre non è prescritto nelle zone 3 e 4 al cui interno è collocato il Ponte Morandi».
(foto dal sito Ministero delle Infrastrutture e Trasporti)
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