A cura della Redazione

Otto indagati tra professori universitari (sei) e impiegati amministrativi (due) dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Pesanti le accuse mosse, a vario titolo, nei loro confronti: associazione a delinquere, concussione, corruzione, abuso d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, peculato.

I finanzieri di Reggio calabria hanno eseguito un provvedimento di divieto temporaneo all’esercizio del pubblico ufficio ricoperto presso l’Ateneo nei confronti dei soggetti coinvolti nell'inchiesta, coordinata dalla Procura reggina. Tra gli indagati figurano anche l’attuale Rettore, interdetto per 10 mesi, nonché il suo predecessore, l’attuale Prorettore Vicario, sottoposto ad una misura interdittiva della durata di 12 mesi. Nei confronti di quest’ultimo, il GIP ha inoltre disposto l’esecuzione di un sequestro preventivo del valore di circa 4mila euro.

Le Fiamme Gialle stanno dando esecuzione, su disposzione della Procura, diretta da Giovanni Bombardieri, a decreti di perquisizione domiciliare e personale nei confronti di 23 soggetti, di perquisizione di sistemi informatici/telematici in uso alla Università, nonché di richiesta di consegna di documentazione ritenuta essenziale ai fini probatori.

L’operazione costituisce l’esito di un’articolata indagine condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Reggio Calabria che ha consentito di ipotizzare condotte illecite, commesse in un arco temporale molto significativo, dal 2014 al 2020. Sarebbe emersa l'esistenza di una vera e propria associazione dedita alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica nella direzione e gestione dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria e delle sue articolazioni compartimentali.

Le indagini traggono origine da un esposto, presentato alla locale Procura della Repubblica, di una candidata non risultata vincitrice, nel quale venivano segnalate condotte irregolari perpetrate in occasione dell’espletamento della procedura di valutazione comparativa per un posto di ricercatore universitario. L'aspirante, per tutelare la propria posizione, aveva promosso appositi giudizi presso i competenti organi di Giustizia Amministrativa ma, come emerso agli atti delle indagini, le sarebbe stato suggerito di rinunciare all’azione giudiziaria intrapresa ed “aspettare il proprio turno” per avere accesso a future opportunità professionali all’interno del Dipartimento.

Sulla base di quanto emerso dalle indagini, la perpetrazione di molteplici e reiterati atti contrari ai doveri d’ufficio di imparzialità, lealtà, correttezza e fedeltà si manifestava, soprattutto, in occasione delle varie procedure concorsuali e comparative, nella selezione delle commissioni esaminatrici attraverso la scelta di componenti ritenuti “affidabili” e pertanto idonei a garantire un trattamento favorevole ai singoli candidati scelti “direttamente” o a seguito di “segnalazione”.

Le procedure comparative e concorsuali riguardavano indistintamente le posizioni di ricercatori, di professori ordinari e associati, di assegnisti di ricerca nonché le selezioni per l’accesso ai dottorati di ricerca e ai corsi di specializzazione.

Non meno gravi le condotte ipotizzate rientranti nella fattispecie del peculato. Stando alle indagini, infatti, le autovetture di servizio dell'Università venivano sistematicamente sottratte alle loro finalità istituzionali per essere utilizzate ai fini privati.  Anche le carte di credito intestate all’Università, sarebbero state reiteratamente utilizzate per pagare spese di natura prettamente personale.

Ed ancora, taluni appalti di lavori edili di manutenzione dei locali universitari venivano assegnati in assenza di apposite procedure di gara e sulla base di false prospettazioni della realtà fattuale.