A cura di AdnKronos

"La guerra in Ucraina è anche la nostra guerra, che ci piaccia o meno". A lanciare l'avvertimento senza giri di parole è stato oggi il premier polacco Donald Tusk, sollecitando l'Occidente a unirsi nel suo sostegno a Kiev, nel suo intervento all'apertura di una conferenza di due giorni dedicata alla sicurezza europea e globale a cui partecipano esponenti di 80 Paesi diversi. "Perché il conflitto in Ucraina è solo parte di questo orribile progetto, un progetto che ogni tanto ricompare nel mondo che ha sempre lo stesso obiettivo: schiavizzare Paesi, sottrarre la libertà alle persone, far trionfare autoritarismo, dispotismo, crudeltà e assenza di diritti umani".  

Il compito principale dei leader "è quello di rendere l'intera comunità occidentale, l'intera comunità transatlantica, dolorosamente consapevole, nel profondo, di cuore e testa, che c'è una guerra in corso", ha sottolineato il premier.  

"La pace non è una caratteristica particolare di questa parte del mondo. Al contrario. E questa è la ragione per cui questa riflessione sulla sicurezza, la guerra, la pace, sulla comunità occidentale, è così importante", ha detto ancora Tusk.  

"Se perdiamo questa guerra, le conseguenze ci colpiranno e colpiranno non solo la nostra generazione ma anche quelle future. In Polonia, attraverso l'Europa, negli Stati Uniti, ovunque nel mondo", ha aggiunto il premier polacco, per cui la guerra di aggressione della Russia è un progetto politico il cui obiettivo è quello di sottomettere altre popolazioni.  

Per Tusk non sono possibili compromessi con la Russia. Le uniche ragioni per capitolare sarebbero "una volontà debole, il dubbio, la codardia e la mancanza di immaginazione", ha affermato inoltre il premier. Putin fermerà questa guerra - aveva detto poco prima il suo ministro degli Esteri, Radoslaw Sikorski in una intervista a Cnn, "solo quando si renderà conto che non può vincerla e perché arrivi a questa conclusione c'è bisogno di maggiori pressioni sull'economia russa e più aiuto internazionale per l'Ucraina. La guerra finirà probabilmente nel modo in cui è finita la Prima guerra mondiale. Una delle due parti esaurirà le risorse per portarla avanti".  

 

In un contesto di crescenti tensioni, su Telegram ecco quindi arrivare il post del vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitry Medvedev, secondo cui i Paesi europei "non possono permettersi una guerra" con Mosca, "sono vulnerabili e non sono uniti", e in un conflitto del genere ci sarebbe un "rischio molto concreto" di impiego di "armi di distruzione di massa".  

"Nei Paesi europei si annuncia da tutte le parti che ci sarà una guerra con la Russia nei prossimi cinque anni. Non dovrebbe accadere", ha affermato, sostenendo che un conflitto del genere "andrebbe contro gli interessi" della Russia, che "in linea di principio non ha bisogno di una guerra con nessuno" e "neanche" con "la vecchia Europa". "Non c'è nulla da guadagnare. L'economia dell'Europa è debole e dipende dagli Stati Uniti - ha proseguito nel lungo messaggio, parlando anche di declino culturale -. L'Europa sta perdendo la sua identità, si sta dissolvendo tra migranti aggressivi". 

"Il compito principale della popolazione russa è sviluppare i territori dei russi, ha aggiunto con un riferimento anche ai territori occupati in Ucraina. Non è "facile", ha proseguito, sostenendo ancora che la Russia sia "sempre andata in Europa solo come forza liberatrice, non come invasore".  

Secondo Medvedev, i Paesi europei "possono solo perseguire i loro interessi, cercando di sopravvivere nell'attuale caos economico". "Semplicemente non possono permettersi una guerra con la Russia", ha incalzato accusando i leader europei di "non essere in grado di assumersi la responsabilità di nessuna questione importante", di "mancare di pensiero strategico" e della "passione necessaria per assumere decisioni sensate".  

"Gli europei sono inerti - ha insistito - non vogliono battersi per ideali comuni o per la loro terra". E, ha concluso, se esiste il rischio di guerra è perché "esiste sempre la possibilità di un incidente fatale" e in "un conflitto del genere c'è il rischio molto concreto che possa degenerare in una guerra con armi di distruzione di massa", motivo per cui "dobbiamo rimanere vigili".