Mentre la Global Sumud Flotilla si avvicina sempre di più a Gaza, arriva nel pomeriggio il primo alert della Marina italiana alle imbarcazioni impegnate nella missione umanitaria. Alle 16.30 circa la Nave Alpino della Marina Militare, raggiunta una distanza di circa 180 miglia nautiche dalle coste di Gaza, ha infatti diramato un avviso ufficiale: nello specifico, fanno sapere in una nota dallo Stato Maggiore della Difesa, è stato comunicato che, in assenza di variazioni di rotta e velocità, alle ore 2:00 di domani 1° ottobre, la Flotilla raggiungerà verosimilmente il limite delle 150 miglia nautiche dalle coste di Gaza. Nave Alpino, si legge, "come comunicato più volte nei giorni scorsi, non oltrepasserà tale limite, come da disposizioni ricevute anche per non pregiudicare in alcun modo le garanzie di sicurezza delle persone imbarcate".
La Fregata della Marina Militare "sarà disponibile ad accogliere ogni persona che manifesti la volontà di trasferirsi a bordo, nel rispetto delle procedure di sicurezza e delle normative internazionali. Un ultimo avviso sarà diramato domani 1° ottobre, al raggiungimento delle 150 miglia nautiche dalle coste di Gaza, dove la nave militare si fermerà e rimarrà a disposizione per eventuali interventi di assistenza e soccorso".
La replica della Global Sumud Flotilla arriva in serata attraverso una nota. "Il ministero degli Esteri italiano ci ha informato che la nave che sta seguendo la nostra Flotilla presto invierà una chiamata via radio, offrendo ai partecipanti 'l'opportunità' di abbandonare la nave e tornare a terra prima di raggiungere la cosiddetta 'zona critica'. Permetteteci di essere assolutamente chiari: questa non è protezione. È sabotaggio. È un tentativo di demoralizzare una missione umanitaria pacifica che i governi hanno fallito nel portare a termine loro stessi, e il loro silenzio e la loro complicità ci hanno portato a questo punto. Questa è codardia vestita da diplomazia", si legge.
"Se l’Italia veramente vuole proteggere le vite non agirebbe come complice di Israele, né metterebbe pressione ai civili per farli ritirare. Userebbe la sua flotta navale per assicurare un sicuro passaggio ai volontari pacifici verso Gaza, per sostenere la legge internazionale, e per consegnare materiale salvavita. Qualsiasi cosa in meno, è complicità", conclude la Flotilla.
"Con il piano di pace per il Medio Oriente - recita l'appello della premier Giorgia Meloni su X - proposto dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si è finalmente aperta una speranza di accordo per porre fine alla guerra e alla sofferenza della popolazione civile palestinese e stabilizzare la regione. Questa speranza poggia su un equilibrio fragile, che in molti sarebbero felici di poter far saltare. Temo che un pretesto possa essere dato proprio dal tentativo della Flotilla di forzare il blocco navale israeliano. Anche per questo ritengo che la Flotilla dovrebbe fermarsi ora e accettare una delle diverse proposte avanzate per la consegna, in sicurezza, degli aiuti".
"Ogni altra scelta rischia di trasformarsi in un pretesto per impedire la pace, alimentare il conflitto e colpire così soprattutto quella popolazione di Gaza alla quale si dice di voler portare sollievo. È il tempo della serietà e della responsabilità", avverte la presidente del Consiglio.
"Si ascolti il primo ministro italiano Giorgia Meloni. Gli Stati Uniti, Israele e i leader del Medio Oriente e di tutto il mondo stanno cercando di porre fine alla guerra. L'attenzione dovrebbe essere rivolta alla de-escalation, non all'orchestrazione di provocazioni, come quella della flottiglia Hamas-Sumud", ha quindi scritto su X il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar, aggiungendo che "Non è troppo tardi: ribadiamo l'appello del governo israeliano, del governo italiano e del Vaticano affinché trasferiscano pacificamente tutti gli aiuti attraverso il porto di Cipro, il porto turistico di Ashkelon o qualsiasi altro porto della regione verso Gaza".
"Il piano Usa per la Palestina potrebbe finalmente portare tregua, pace, aiuti e poi consentire la ricostruzione di una terra dove il popolo palestinese possa vivere in libertà, convivendo con Israele. Se il piano verrà accettato da entrambe le parti si potranno creare anche le condizioni immediate utili a far sì che ogni aiuto umanitario possa raggiungere la popolazione civile di Gaza e chi ha bisogno". Così in una nota il ministro della Difesa Guido Crosetto. "In questi mesi molti beni e molti medicinali sono arrivati anche grazie alle iniziative del governo italiano e della Farnesina - sottolinea - sempre supportate e rese possibili dalla Difesa. Purtroppo, questi aiuti umanitari sono sempre troppo pochi rispetto alle drammatiche necessità che la terribile situazione in cui versa la popolazione civile palestinese richiederebbe".
"Se prima la tregua e poi un processo di pace prendessero forma, vecchie e nuove possibili strade per lenire la sofferenza dei civili si aprirebbero. In queste ore e in questi giorni chiunque può fare in modo che la ragione e l’umanità prevalgano deve farlo, eliminando ogni possibile granello che possa inceppare l’ingranaggio complesso che si è messo in moto e che la maggioranza delle nazioni sta supportando. E questo ragionamento vale anche per le persone che formano la Global Sumud Flotilla - continua Crosetto - il cui compito dichiarato era di far giungere aiuti e richiamare l’attenzione sulle difficoltà con cui arrivavano a chi ne ha bisogno. L’obiettivo che si proponevano verrebbe, dunque, raggiunto dall’accettazione di questo accordo che, in qualche modo, può aprire la strada alla pace e agli aiuti umanitari".
"Proprio per questo mi sento in dovere di fare loro un ultimo appello - conclude il Ministro - affinché prendano atto di ciò che sta accadendo e affinché utilizzino una delle soluzioni alternative prospettate da più parti, in primis il Patriarcato della Chiesa cattolica, negli ultimi giorni, per far arrivare gli aiuti. Se, infatti, l’accordo Internazionale in itinere fornisse una risposta ai tanti problemi da loro sollevati verrebbe meno anche la necessità di 'entrare in contatto' (termine che preferisco al termine 'forzare' che è stato impropriamente utilizzato) il blocco navale israeliano, correndo rischi non più giustificati dal fine. Se, invece, il fine reale ed ultimo fosse quello di ottenere una reazione israeliana, continueremo a lavorare perché gli avvenimenti successivi e conseguenti siano gestiti senza violenza e con i minori rischi possibili per tutti".
''Prima di salire sul palco ho parlato con il ministro degli Esteri israeliano per chiedere di non usare violenza qualora dovessero fermare gli italiani a bordo della Flotilla, perché non sono lì con intenti di guerra ma bisogna assolutamente evitare che ci siano problemi'', la rassicurazione del ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, parlando del caso Flotilla a Lamezia Terme.