A cura della Redazione
Risalgono al Neolitico le prime presenze umane sul territorio pompeiano. La scoperta ha di fatto allargato la mappa degli insediamenti del periodo Neolitico su un territorio paludoso interessato dal corso del fiume Sarno, con l’inclusione di un’area che successivamente sarà caratterizzata dalla presenza del Vesuvio. Il paesaggio costituito da palafitte e da collegamenti lacustri su imbarcazioni rudimentali, appreso nei libri delle scuole elementari, è realtà scientificamente documentata a Longola (Poggiomarino). Recentemente, Antonio Varone ha dimostrato, confortato da altre scoperte, che il villaggio neolitico che è stato portato alla luce nel corso degli scavi per sistemare nell’area un depuratore per il fiume Sarno, é parte di un contesto più ampio. C’è di più. I sondaggi effettuati dal “cantiere laboratorio” che si è avvalso del contributo di studiosi di differenti comparti (archeologi, geologi, biologi, ecc.) che hanno avuto luogo nei vicoli adiacenti alla domus “dei casti amanti”, con scavi fino a 30 metri di profondità, hanno portato al ritrovamento di selci, frammenti di ceramiche ma anche di ossidiane, che ai raggi X hanno rivelato essere provenienti dell’isola di Pantelleria. “Scendendo ostinatamente oltre lo strato grigio di terreno pozzolanico che caratterizza il “vergine” a Pompei abbiamo visto affiorare le pomici – ha raccontato Varone nel corso della conferenza – la setacciatura attenta di questi strati di terreno ha compensato i nostri sforzi”. I reperti scavati hanno immediatamente suscitato lo scenario di un commercio svolto dalla sponda all’altra del Mediterraneo che ha avuto, già a quei tempi, il protagonismo della popolazione che si è insediata per prima sul territorio che molti anni fu tragico teatro dell’eruzione pliniana. Esisteva già seimila anni fa un nucleo di arditi navigatori che si spostava con perizia insospettabile da Pantelleria per arrivare al centro commerciale di Pompei. Toccava le coste dell’Africa veleggiando fino a Lampedusa e a Malta per spingersi fino a Marsiglia. Affrontava il mare aperto duemila anni prima dell’impresa di Ulisse. Le considerazioni di Antonio Varone, archeologo della SANP, sono state materia di vasto dibattito nel corso della recente conferenza dell’Associazione “Amici di Pompei”. La copiosa quantità di semi e di radici mineralizzate, con tracce evidenti di sali carbonato di calcio, hanno confermato, agli esami di laboratorio, la presenza della caratteristica vegetazione palustre e di acque correnti ricche di calcio sullo stesso territorio dove migliaia di anni dopo avrebbe visto l’alba la città commerciale romana destinata a restare famosa nei secoli. MARIO CARDONE