A cura della Redazione
Al Pompeilab di via Astolelle, presentazione del nuovo disco degli Spakka Neapolis 55, dal titolo "Janus". L´evento si svolgerà sabato 14 maggio alle ore 22,30. Ingresso 3 euro. Janus è un’ arcaica divinità Italica raffigurata con due volti che guardano nelle due opposte direzioni. Egli era il dio bifronte che presiedeva alle porte, alle soglie, ai passaggi sia materiali che immateriali, così come ad ogni inizio e fine. Una faccia rivolta al sorgere del sole l’altra al tramonto, una al passato l’altra al futuro. Janus: due facce opposte della stessa realtà. “JANUS”, nome latino del dio Giano, bene rappresenta il percorso di ricerca musicale di questo nuovo album, di SPAKKA NEAPOLIS 55 che riesce a narrare, in maniera intensa e personale, sia la tradizione che l’attualità dei nostri giorni. La produzione artistica è stata curata da Antonio Fraioli, musicista da lungo tempo impegnato nella sperimentazione musicale tra modernità e tradizione e fondatore del gruppo Spakka Neapolis 55 insieme a Monica Pinto voce solista, che con il suo timbro vocale intenso caratteruzza la band fin dal suo esordio. Il disco vanta la partecipazione di alcuni ospiti speciali, tra i quali Alim Qasimov “il Maestro del Mugham”, attualmente il più illustre rappresentante della musica tradizionale dell’Azerbaijan, considerato una leggenda vivente e una delle più belle voci di tutti i tempi del Medio Oriente; Nando Citarella, uno dei più poliedrici e noti artisti napoletani nell’ambito della musica e del teatro popolare e Maurizio Capone con i suoi “strumenti di lavoro”, anch’egli napoletano e personaggio di spicco dell’attuale scena musicale partenopea. Le musiche dei nuovi brani sono scritte da Antonio Fraioli, che prosegue la ricerca musicale spingendosi verso una dimensione “World”, che non è il frutto di una rilettura in chiave “Pop” delle musiche e degli stili tradizionali, ma piuttosto il risultato della ricerca di uno scambio continuo e armonico tra linguaggi diversi. In brani come “Scampia” il suono diventa più duro e determinato dall’urgenza di sottolineare e dare impulso alle immagini ed al significato del testo della canzone. L’album contiene ovviamente, anche brani provenienti dal repertorio popolare, come “Lu ruciu te lu mare” proposto in una veste completamente nuova e personale, e le pizziche “Ahi lu core meu” e “Uellì uellà – Pizzica di S. Vito“, dalla tradizione Salentina, nei quali la conoscenza dei linguaggi della musica tradizionale fornisce grande ricchezza espressiva per lo studio di un suono ricercato e attuale. Dal repertorio campano troviamo “Spata r’oro”, un particolare esperimento di tammurriata trasfigurata, dove le componenti gestuali e fisiche della danza sono disciolte e sospese in un diverso senario sonoro. Ancora troviamo “Montemarano dream”, una particolare riproposizione della Tarantella di Montemarano, un omaggio alla grande tradizione di questo paese dell’Irpinia. Una conseguenza quasi naturale dopo i tanti carnevali trascorsi a Montemarano, quando la tarantella continua a risuonare nella mente anche di notte, fino ad entrare nei sogni. Tutti i brani tradizionali sono riproposti, a volte riscritti, tramite arrangiamenti ideati per valorizzare la natura propria dei brani, ma cercando al tempo stesso di offrirne una visione nuova I testi delle nuove canzoni sono di Annapia Ferrara e Pasquale Russo e trattano diverse tematiche. Da quelle sociali legate al mondo del lavoro, al disagio e alla condizione umana, a quelle più vicine ad una dimensione interiore e personale. In brani come “Scampia”, quartiere dell’area nord di Napoli, tristemente conosciuto per essere stato il teatro di una delle più terribili guerre di camorra degli ultimi anni, si avverte forte il grido di disillusione e di denuncia nei confronti di un mal governo e di una politica disinteressata e opportunista. Esperienze di vita e di lavoro realmente vissute da Annapia Ferrara che, in “Canzone precaria”, esprime invece la rabbia di chi come lei, vive sulla propria pelle una condizione da lavoratore precario. Una condizione che non ti da nessuna certezza, se non quella di poterti appellare ad un santo protettore. San Precario appunto.