A cura della Redazione
Quando si accenna al problema della tutela dei beni culturali il primo pensiero va al crollo della Schola Armaturarum e degli altri edifici che sono crollati negli Scavi di Pompei a causa delle forti piogge dell’ultimo autunno. Il pensiero va ai progetti che sono stati varati per evitare che episodi del genere (che comportano una perdita per tutta l’umanità) possano ripetersi in futuro. Indipendentemente da questi programmi di recupero, la scienza della valorizzazione dei beni culturali prosegue il suo percorso su basi interdisciplinari dove università, enti di ricerca e di promozione hanno il loro da fare. A tal proposito, si è tenuto a Napoli, il 15 e 16 settembre scorsi, il secondo convegno nazionale sulla diagnosi per la conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, che ha come promotori l’associazione nazionale esperti scientifici per i beni culturali e il polo museale dell’Università La Sapienza. Il secondo convegno intende proseguire l’analisi dell’utilità del concetto di diagnosi del Patrimonio Culturale come condizione necessaria alla sua valorizzazione. Il primo appuntamento ha suscitato vivo interesse promuovendo lo sviluppo di nuove iniziative quale l’avvio di una diagnosi dei siti UNESCO della Regione Campania, propedeutica ad un progetto di “manutenzione in qualità”. E’ chiara, in questa cornice, l’importanza che assumono gli scavi archeologici dell’area vesuviana. La valorizzazione è l’unico strumento che consente di coniugare le diverse esigenze poste dalla tutela del nostro patrimonio culturale. Una corretta diagnosi, seguita da una puntuale prognosi, consente alle complesse e costose operazioni di restauro di valorizzare il nostro patrimonio (in primis gli scavi archeologici). MARIO CARDONE