A cura della Redazione
Gli abissi marini di Rosario Lamberti sono a volte tranquilli, in altri casi minacciosi, spesso frequentati da esseri misteriosi ma sempre contaminati da un fascino mitologico. Si tratta di opere che anche se nostalgiche o minacciose propongono allo spettatore un’atmosfera appagante, derivante dalla proprietà delle scelte cromatiche che sfumano dal blu intenso al turchese fino al cristallino. Il segreto della scoperta è nel sapersi improvvisare stranieri in casa propria. Basta attraversare l’isolato, guadarsi intorno, per scoprire lo svolgimento di un evento, una persona o un paesaggio urbano che possono mettere in moto sensazioni nuove. Anche se hanno la durata di pochi minuti bastano a migliorare il corso della giornata. E’ il caso dell’arte. Succede con la musica, il cinema e la pittura tanto per fare qualche esempio. E’ il caso (per quanto ci riguarda) della visita alla mostra “dal profondo degli abissali desolati mari”. Titolo che condividiamo solo in parte perché negli abissi di Rosario Lamberti c’è solitudine e malinconia ma prevale uno stato di benessere che nasce dalla consapevolezza di perdersi in un tutto cosmico che si trasforma per magia in un universo incantato dove ogni presenza manifesta una mitica dignità. “Naufragar m’è dolce in questo mare”. Recitava Leopardi. Il suo verso ineguagliabile rende alla perfezione la sensazione d’immersione suscitata dagli abissi marini del Lamberti, profondi e misteriosi ma non inquietanti. Rosario Lamberti è un artista pompeiano che porta sulle tele il vigore di bottega dell’artigiano decoratore, abituato a sperimentare tecniche che superino la piattezza dell’acrilico. A ripetere l’esercizio fino a quando il risultato risponde all’attesa. Sorprende, ad intervistare l’artista, la sua modestia disarmante. “Non si è sempre artisti. Capita raramente e bisogna saper approfittare dei momenti d’ispirazione”. Confessa all’intervistatore. Effettivamente la pittura esposta nella sua personale che si è chiuderà domenica 8 gennaio nella galleria attigua all’hotel Santa Caterina di Pompei anche se prevale lo studio degli effetti di luce (caro agli impressionisti) trascende ogni contesto per assumere un profilo unico e personale. MARIO CARDONE