A cura della Redazione
Tre custodi degli scavi archeologici di Pompei, che si erano arbitrariamente ed illegalmente allontanati dal loro posto di lavoro per fare da "ciceroni" ai turisti ed incassare degli extra, sono stati beccati dai carabinieri. Non è la prima volta che accadono spiacevoli fatti del genere, opportunamente contrastati dalle forze di polizia, perché l’iniziativa di questi scellerati (a parte l’aspetto penale) nuoce non solo alla categoria, composta nella maggior parte dei casi da persone che fanno il loro dovere, ma alla stessa immagine turistica di Pompei. La città non può e non deve più consentire esempi di mal costume mascherati da forme d’accoglienza che nascondono il peggior accattonaggio, in quanto operato da dipendenti statali che incassano ogni mese uno stipendio mentre tanti altri capo famiglia, magari più meritevoli di loro, si trovano senza lavoro a causa dell’attuale crisi economica. I custodi degli scavi di Pompei operano normalmente sul controllo del flusso di entrata e di uscita dei visitatori dal parco archeologico, a tutela di un sito che è Patrimonio dell’Umanità. L’iniziativa investigativa è stata portata a termine brillantemente dagli uomini della Stazione dei carabinieri di Pompei, comandata dal maresciallo capo Tommaso Canino, di concerto con gli uomini del reparto di Tutela del Patrimonio culturalem che hanno denunciato in stato di libertà tre custodi della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, ritenuti responsabili di esercizio abusivo di una professione. I militari hanno appurato che, dietro compenso in denaro, espletavano l’attività di guida turistica all’interno del parco archeologico di Pompei pur non essendo provvisti di regolare patentino. Inoltre svolgevano questo “secondo lavoro” a scapito del primo, vale a dire quello di custode, allontanandosi dalla porzione di monumento che dovevano sorvegliare. MARIO CARDONE