A cura della Redazione
Il flop dell’operazione “cani randagi” svolta sul perimetro esterno dell’area archeologica di Pompei, derivante dall’insuccesso del personale dell´Asl Napoli 3 Sud a "caccia" dei cani, che scavalcando i muretti di cinta, scorrazzano tra le rovine antiche, ha fatto nascere un mare di polemiche contro le istituzioni (Comune e Soprintendenza) che avrebbero messo in campo l’iniziativa. La mattina fissata per l’operazione gli accalappiacani, arrivati di prim’ora in via Plinio, non vi hanno incontrato neanche un animale. La magia, si commenta nei corridoi della Soprintendenza di Pompei, è dovuta all’iniziativa di guide turistiche e custodi animalisti che ogni giorno portano da mangiare i cani, e li hanno fatti sparire quando hanno saputo della “rappresaglia”. Gli accalappiacani sono rientrati con i furgoni vuoti. L´operazione – hanno spiegato nel Comune di Pompei – è stata rinviata a data da destinarsi. Intanto il commissario prefettizio Aldo Aldi si scusa: «Amo gli animali. Sono cresciuto allevando cani – ha spiegato – la mia iniziativa era tesa ad appurare se qualche esemplare era affetto da malattie». Anche la massima autorità archeologica di Pompei (il soprintendente Osanna) si è affrettato a far sapere (informalmente) di non aver autorizzato l’ingresso del personale sanitario negli scavi per “la caccia” ai randagi. Quella dei cani randagi è un classico delle cronache, a volta patetiche, altre volte comiche altre grottesche che hanno riempito i giornali di storie che hanno avuto come protagonisti i cani ospiti delle rovine di Pompei, che spesso allietano i turisti muovendo la compassione di alcuni (per cui arrivano regolarmente rimesse dall’estero per il loro mantenimento. In altri casi i cani spaventano gli avventori, in qualche altro caso moldono il polpaccio del malcapitato che aveva invaso il loro territorio. E’ uno degli elementi coloriti e sorprendenti del repertorio delle storie che si raccontano su una giornata trascorsa negli scavi di Pompei ed il risultato delle iniziative di chi ha il compito di governare il sito e non ci riesce perché ha mezzi scarsi o non ha capito il problema oppure non è all’altezza del compito, Il caso del randagismo, come gli altri problemi della gestione del museo a cielo aperto di Pompei è antico più o meno quando la sua scoperta. Gli animali randagi del territorio si inseriscono (inconsapevolmente) anche nello spazio sotto tutela. Molti sono gli espedienti messi in campo nel tempo per indurli ad andarsene: dal divieto di dare a mangiare i cani, al sistema di repressione, fino all’iniziativa del commissario Fiori che è passato alla storia per i soldi eccessivi che sono stati spesi per “coccolare” gli amici a quattro zampe e per il risultato (quasi nullo) che è stato raggiunto sul loro affidamento. Ora, a quanto pare, ci prova il ministro di turno dei Beni Culturali che, a quanto si dice, ha impartito disposizioni superiori di far sparire al più gli amici a quattro zampe dagli scavi di Pompei. MARIO CARDONE twitter: @mariocardone2