A cura della Redazione
«La nenia della conta che precede il gioco». Felicio Izzo ricorre ad una metafora per condensare l’essenza de “Gli occhi sul muro”, il corto di cui ha scritto soggetto e sceneggiatura. I protagonisti sono, come vuole un gergo abusato, minori a rischio: quattordici ragazzi della “Provolera”. Un quartiere di frontiera della nostra città, una delle numerose trincee dove si combatte quotidianamente per “guadagnarsi” la visione dell’alba del giorno successivo. «Abbiamo realizzato ciò che la scuola non fa per questi ragazzi. In sostanza è un lavoro che per i loro professori non conta nulla - sbotta Felicio Izzo - perché ignorano che un progetto del genere significa apprendere, concentrarsi, ascoltare, prendere un impegno. Una scuola che li boccia è una scuola che si è arresa e che, per comodità, sacrifica i più irrequieti ed imprevedibili, anche se sovente coincidono con i più vivaci ed intelligenti. Forse aveva ragione Don Milani - aggiunge - quando affermava che la scuola è fatta per chi è già bravo di suo. Quella difficile non piace a nessuno». Un’affermazione che sembra stridente con il ruolo di dirigente scolastico ricoperto al De Chirico. Ma Felicio Izzo non le manda a dire a chi, forse suo malgrado, è impegnato in un sistema educativo inadeguato alle reali esigenze del territorio. «Con quest’opera abbiamo cercato di dare un po’ di voce a chi cova rancore in un mormorio troppo sommesso per trasformarsi in parola e a chi si affida ad un urlo troppo lancinante per poter essere decifrato. La rabbia di questa città - afferma con fermezza - è avere uno straordinario capitale umano e lasciare che si corrompa, avere tante bellezze e deturparle, avere le chiavi della serenità, se non proprio della felicità, e condannarsi all’orrore». Il cortometraggio “Gli occhi sul muro” nasce all’interno del progetto “Emera” in collaborazione con la Cooperativa Sociale “I vecchi e il mare”. E’ la storia di un bambino, Lorenzo, primogenito di una famiglia difficile, chiamato a 12 anni a sostituirsi nel ruolo del padre e a lavorare come meccanico. Ma il proprietario dell’officina tenta di indirizzarlo verso attività più remunerative, anche se illegali. Una vicenda intensa, vissuta dal piccolo protagonista con l’amarezza di chi ha il destino già scritto: quello del perdente. Il regista Onofrio Brancaccio ha praticamente “adottato” quattordici bambini del rione “provolera” e li ha seguiti in un corso di preparazione durato quattro mesi. Poi ha consentito loro di dar sfogo alla passione, alla determinazione, alla diligenza e all’impegno profusi nella realizzazione del film. Qualità sorprendenti emerse con spontaneità e gioia quando si sono resi conto che quella era un’occasione irripetibile per raccontare se stessi. Nel cast anche due attori professionisti come Giovanni Rienzo e Gaetano Amato, ma i protagonisti assoluti sono risultati loro, i ragazzi, interpreti unici, capaci di rappresentare e denunciare il disagio di una terra che si può salvare solo dalla loro voglia di reagire. Onofrio Brancaccio racconta l’itinerario non facile del progetto: dall’iniziale diffidenza, ai limiti della sfida, al lento maturare di un rapporto sempre più vero ed intenso. «Un mix di sensazioni che si è tradotto nella condivisione dello stupore, della conquista - dice il regista - di una forma d’affetto capace di penetrare nel silenzio degli sguardi finalmente colmi di rispetto». Il giovane regista torrese consolida, con questo corto, il connubio artistico con Felicio Izzo. “Gli occhi sul muro” è la terza opera della “coppia” dopo “L’inferno sotto il vulcano” e “Amore, lieto disonore”, l’ultimo cortometraggio ancora inedito. «I suoi film sono colore e pittura, racconto e immagine, denuncia e nostalgia. Perché - conclude Felicio Izzo - questo è il senso delle sue opere: dare voce a chi stenta a trovare le parole». GIUSEPPE CHERVINO