A cura della Redazione
“Se trovo chi ha fatto le nove serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia che ci fanno fare una bella figura, giuro, li strozzo”. Lo affermò, nel 2009, il premier Silvio Berlusconi al convegno organizzato dall’Enac all´areoporto di Olbia, tra gli applausi dei presenti. Non ci fu alcuna risposta, alcuna indignazione, tra gli appartenenti all’opposizione. Ci hanno pensato, invece, i ventitré autori del libro “Strozzateci tutti” (con la prefazione di Marco Travaglio) a rispondere all’allora, ed attuale, Presidente del Consiglio. Uno di essi, Pietro Nardiello, ha partecipato, domenica 20 febbraio, alla presentazione del succitato libro presso il Caffè Letterario Nuovevoci. Gli viene chiesto qual è stato il motivo per il quale, lui e gli altri autori, hanno voluto dar vita a questa opera. La risposta è secca e concisa: “Siamo stanchi di quello che vediamo quotidianamente e abbiamo raccontato quello che registriamo”. Ricorda, poi, che i proventi del libro verranno devoluti ad Agoravox, progetto nato in Francia da un’idea di Carlo Ravelli, per favorire la realizzazione di una redazione di un giornale web a Scampia. L’autore si sofferma sulla composizione dell’opera. Diciotto saggi suddivisi in due sezioni: le Mafie quotidiane e la modernizzazione delle Mafie. Nella prima, sono raccolti gli argomenti psico-sociali, le cronache, le inchieste e i racconti legati al territorio; la seconda, invece, si concentra sugli approfondimenti di storia, sociologia, economia e i temi relativi all’immaginario collettivo. Nello specifico, Nardiello si occupa dei beni confiscati alla mafia. La domanda sulla situazione delle confische nella nostra regione sorge spontanea. “La Campania è la regione che si colloca al secondo posto nella classifica nazionale per numero di beni sottratti alla criminalità”. Afferma, inoltre, che la maggior parte di essi viene oggi utilizzata per dare alloggio ai disabili o ragazzi senza famiglia. Sembra, quindi, che almeno qualcosa funzioni nella nostra martoriata regione. Una delle immagini più belle del riutilizzo di questi beni è quella riguardante Radio Siani. Situata ad Ercolano, nella casa dove il boss Birra ha deciso della vita e della morte di tante persone, è divenuta un punto di riferimento per i giovani che lottano per la dignità e la rinascita di una cittadina storica e ricca di cultura. Nardiello ricorda, poi, un altro bene confiscato. La casa del boss Luigi Giuliano a Forcella. Anche questa, con le sue attività, si è trasformata nel punto di riferimento per molti ragazzi della zona, i quali, però, ad un certo punto hanno dovuto fare i conti con l’ordine di sfratto dei vigili urbani. Viene perfino detto che il bene deve essere liberato in qualsiasi modo, anche con la forza, in quanto il Comune ne ha bisogno. Seguono giorni di protesta. Le manifestazioni, che vedono partecipare gli abitanti di tutto il quartiere, costringono il Comune a fare un passo indietro. Il bene viene, però, diviso tra due cooperative. La prima è Proodos, cooperativa che ha come fini l’educazione alla legalità e ricerca del lavoro, e la seconda, invece, è il Telefono Azzurro. Si arriva così, alle ultime due domande, prima della conclusione della serata. Che ruolo può avere il giornalista in questa situazione, e se ci sono beni confiscati e, poi, riutilizzati nella nostra città. Nardiello risponde alla prima domanda con un po’ di amarezza. Afferma che in Italia, come in Campania, la denuncia giornalistica è fondamentale per consentire la sopravvivenza della democrazia. Soprattutto nella regione dello scandalo dei rifiuti, dove una parte della stampa ha abbandonato i principi deontologici della professione schierandosi con chi ha costruito questa emergenza. Per quanto riguarda Torre Annunziata, c’è un’assenza di beni utilizzati per scopi sociali, ricordando, però, come, a questa domanda, dovrebbe rispondere il sindaco, grande assente ingiustificato della serata, e non un giornalista. MARCO SEPPONE (Dal settimanale TorreSette del 25 febbraio 2011)