A cura della Redazione

Sono il primo di tre fratelli, figli di un medio imprenditore dell’arte bianca che ha svolto il suo lavoro dal 1945 ai primi anni ‘80, fondando una società, unitamente al cognato, di rappresentanze di semole di grano duro con annesso deposito, dove venivano scaricati autotreni di farina ed altri sfarinati, ubicato in Via Molini Idraulici.

La nostra vita, specialmente durante le feste a scuola, si svolgeva nel deposito pieno di sacchi di farina, saltando da una fila all’altra dei sacchi. Giochi innocenti di bimbi del dopoguerra che non avevano altro cui dedicarsi.

Dall’età di 15 anni ho iniziato a raccogliere le etichette, cucite ai sacchi di farina, dei vari molini che scaricavano nel nostro deposito. C’erano etichette di molini di ogni parte d’Italia che avevano i rappresentanti in Campania.

Di domenica nostro padre era solito portarci al “Circolo Sociale” dove comprava i gelati e noi ragazzi, unitamente ad altri ragazzi, figli di colleghi di papà, giocavamo nei due salottini posti all’ingresso del sodalizio. Salottini che durante la settimana venivano usati dai rappresentanti di sfarinati e industriali pastai per ricevere clienti per affari.

Ho sempre collezionato libri su Torre e sull’arte bianca; ho apprezzato nei vari anni le visite alle strade dei pastifici; ho partecipato al primo Pastafest di Gragnano dove, invitati, nello spazio riservato al pastificio Liguori, seguimmo la manifestazione ed ebbi un fremito di vergogna quando fu invitato a parlare sul palco il sindaco Francesco Maria Cucolo, quasi a dimostrare l’importanza di Gragnano rispetto a Torre Annunziata.

Ho partecipato alla stesura della tesi di laurea di mio figlio e il professor Mauro Sciarelli volle una parte della stessa dedicata al pastificio Setaro, che ne conserva una copia, ed all’arte bianca di Torre Annunziata.

Ho apprezzato molto il compianto Antonio Giordano, autore del libro “L’arte bianca di Torre dell’Annunziata”, che ha speso una vita per la creazione di un museo della pasta a Torre Annunziata con antichi macchinari che conservava nel suo palazzo ed una miriade di etichette di stabilimenti molitori e pastai. Ha combattuto contro i molini al vento – mai frase fu così appropriata – ma non ci fu niente da fare - frase sempre di moda a Torre: abbiamo i problemi.

Ho comprato da poco il libro del prof. Valerio Bigano, “Pasta. Il primo d’Italia”, in cui è citato l’amico Salvatore Cardone, insieme ad altri scrittori torresi come Vincenzo Marasco, Giuseppe Mesisca e Vincenzo Amorosi.  Alle pagine 170 e seguenti, dedicate alla nostra città, ho scoperto che negli anni ‘30 –‘40 tra i cento mestieri svolti dalle maestranze torresi nei molini e pastifici nonché al porto lavoravano circa 10.000 operai che con le loro famiglie arrivavano a sfamare 40.000 nostri bisnonni e nonni.

La raccolta di etichette di pastifici che nessuno ricorda hanno risalto in tutto il libro in ordine alfabetico e la cosa da evidenziare è che nell’indice la voce Torre Annunziata sovrasta tutte le altre.

Desidero chiedere all’amico Cardone, cosa che farò anch’io, in primis, di far venire a Torre l’autore del libro, spese di trasferta sostenute da uno sponsor, per una conferenza pubblica sul libro. Spero che l’assessore alla cultura Anna Vitiello si faccia promotrice di questo evento, anche per far capire ai giovani quanto l’arte bianca ha rappresentato per la città, con la speranza che la casa editrice del prof. Bigano possa in futuro stampare una copia più economica.

Chiudo ricordando le parole di papà che si arrabbiava se nei miei 12 anni trascorsi in Toscana non prendevo una settimana di ferie il 22 ottobre, dicendo “devi amare la tua città, la più bella che c’è”.