A cura della Redazione

Era il 5 novembre scorso quando, in pieno giorno, poco prima dell’inizio della partita di calcio Chievo Verona – Napoli, il Bar Caffè “Oro Bianco” situato in corso Cavour nella città scaligera, veniva preso d’assalto da un gruppo formato da una trentina di persone riconosciute dai testimoni come tifosi del Napoli.

L’esercizio pubblico era notoriamente conosciuto per essere frequentato dai supporters dell’altra squadra di calcio cittadina, l’Hellas Verona: probabilmente questo il movente del gravissimo episodio, tenuto conto della fortissima rivalità esistente tra le due tifoseri, sfociata durante lo scontro diretto dello scorso 19 agosto in disordini che hanno poi portato alla denuncia, a vario titolo, di ventitré facinorosi ultras gialloblu, e di due ultras della Lazio.

Secondo quanto ricostruito nell’immediatezza dei fatti grazie al racconto dei testimoni, il gruppo di tifosi napoletani, alcuni dei quali armati di spranghe e mazze, giunti in corso Cavour a bordo di diversi mezzi, dopo aver lasciato le autovetture sulla carreggiata in modo da intralciare la regolare circolazione veicolare, si scagliava con brutalità contro il locale lanciando sedie e tavolini contro la porta a vetri d’ingresso, costringendo gli avventori terrorizzati a barricarsi nel locale. Dopo il raid, durato pochissimi minuti, il gruppo risaliva sui mezzi e si allontanava velocemente in direzione Castel Vecchio - Porta Palio, facendo perdere le proprie tracce.

Le immediate indagini avviate dalla Digos scaligera e coordinate dal Sostituto Procuratore Beatrice Zanotti, consentivano di accertare che alcuni tifosi napoletani erano stati precedentemente avvistati in pieno centro cittadino all’interno del Caffè Duchi di via Leoni e di quello situato in corso Porta Borsari.

Venivano immediatamente acquisiti tutti i filmati delle telecamere cittadine,  dei varchi ZTL, degli enti pubblici e privati, nonché di quelle in uso ai tassisti che, a causa del momentaneo blocco della circolazione sul lugo dell'assalto, erano stati costretti ad arrestare la marcia. L’indagine sin da subito non si presentava di facile soluzione agli occhi degli inquirenti, tenuto conto che il luogo in cui si è consumato l’agguato non è coperto da alcuna telecamera: è stato necessario, pertanto, partire a ritroso alla ricerca di spunti investigativi che potessero poi portare all’identificazione compiuta di chi si era reso responsabile del grave episodio.

Dall’esame di tutte le immagini acquisite la Digos ha ricostruito in maniera certosina il percorso effettuato dai nove mezzi su cui viaggiavano i facinorosi, nonché i loro spostamenti per le strade del centro storico di Verona.

Il primo dato acquisito consentiva di capire che gli stessi, anziché utilizzare le consuete arterie stradali per giungere all’impianto sportivo, facevano ingresso nella città di Verona dal quartiere “Borgo Roma”, verosimilmente proprio con l’intenzione di non essere intercettati dalle forze dell’ordine che anche quel giorno presidiavano i caselli autostradali ed altre arterie ritenute sensibili per la circostanza, allo scopo di intercettare e scortare i numerosi tifosi napoletani che quel giorno avrebbero assistito alla partita di calcio.

Una volta giunti in centro città, dopo aver parcheggiato i veicoli in prossimità di Porta Leoni, il gruppo, dopo aver stazionato presso il  Bar Duchi di questa via Leoni e di quello ubicato in corso Porta Borsari, giungevano a piedi sino alla Porta Borsari intonando cori e sventolando bandiere; dopodiché, compatto, faceva ritorno ai mezzi giungendo in corso Cavour alle ore 14:34 circa. 

Il raid si consumava in una manciata di minuti, precisamente quattro; al termine, risaliti in auto, si allontanavano in direzione Porta Palio facendo perdere le proprie tracce.

I trentacinque indagati sono stati denunciati per danneggiamento aggravato e violenza privata aggravata dalla minaccia e dalla violenza sulle cose.

Degli assalitori, uno è residente nella provincia di Avellino, un nella provincia di Caserta e trentatre sono della provincia di Napoli.

Per uno di loro è stata contestata anche l’aggravante determinata dal fatto che siè avvalso, per la commissione dei reati, del proprio figlio minore, non imputabile all’epoca dei fatti.

Di età compresa tra i 20 ed i 47 anni, ad eccezione di nove di loro, tutti risultano gravati da diversi precedenti di Polizia e, tra questi ultimi, quindici sono stati già sottoposti al D.A.SPO. (alcuni addirittura per ben quattro volte). Tra loro anche chi è destinatario di numerosi fogli di via da diversi Comuni italiani e chi annovera pesanti precedenti per resistenza a Pubblico Ufficiale, lesioni personali, istigazione a delinquere, danneggiamento, associazione per delinquere aggravata, interruzione di pubblico servizio, devastazione e saccheggio, incendio, sequestro di persona, violenza privata, minaccia e rapina.

Grazie alla collaborazione del collaterale ufficio della Questura di Napoli, che ha contribuito all’identificazione di sei di loro, si è appreso che quindici tra i denunciati sono ultras aderenti al gruppo denominato N.I.S.S. (acronimo di “Niente Incontri Solo Scontri”) che si distingue in ogni occasione per la particolare inclinazione alla violenza, consumata nel corso degli anni con ripetuti e gravi atti di intemperanza, sia nei confronti delle tifoserie avversarie, sia nei confronti delle Forze dell’Ordine.

Questo gruppo risulta completamente fuori dalle dinamiche del tifo organizzato delle curve: gli appartenenti non partecipano sugli spalti alle partite interne del Napoli, ma si intrattengono all’esterno dell’impianto sportivo in attesa di ogni occasione propizia per aggredire i tifosi ospiti, non disdegnando attacchi alle Forze di Polizia.

Il Questore di Verona, Ivana Petricca, ha avviato, nei confronti di tutti i responsabili, il procedimento amministrativo volto all’emissione dei provvedimenti D.A.SPO., che inibiranno, per diverso tempo, l’accesso agli stadi dei protagonisti dell'assalto.

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