A cura della Redazione

Durante la notte tra il 17 e 18 gennaio, quando è stato celebrato Sant'Antonio Abate con i tradizionali incendi dei "cippi", le baby gang hanno dato fuoco alla facciata laterale della monumentale chiesa di Sant'Eligio a Napoli, edificio risalente al 1270 ubicato nel quartiere Mercato. Il rogo ha bruciato e danneggiato le pareti in tufo della chiesa angioina.

«Come è possibile che non si riescano a fermare questi giovani gruppi criminali che mettono a ferro e fuoco la città e sfidano lo Stato ogni anno dando fuoco a monumenti, sradicando alberi e bruciando rifiuti e plastiche che poi emettono fumi tossici nocivi per la salute? - afferma il consigliere regionale di Europa Verde, Francesco Emilio Borrelli -. La gran parte di questi ragazzini è cresciuta in ambienti criminali o è figlia di delinquenti seriali che hanno insegnato loro a devastare e distruggere la città e i beni comuni. Sono giorni che segnalavamo alle forze dell'ordine gli intenti criminali di questi soggetti tra l'altro annunciati anche sui social. Abbiamo segnalato dove avevano accatastato legname e anche i loro profili e in alcuni casi le loro famiglie criminali. Purtroppo a quanto sembra - prosegue Borrelli - c'è una vera volontà di permettere a questi soggetti di fare quello che vogliono, di devastare il patrimonio pubblico e anche quello monumentale alla luce del sole».

I danni alla Chiesa di Sant'Eligio sono «un dramma per l'intera città e per tutte le persone perbene sempre più sole e abbandonate al proprio destino - denuncia Borrelli -. Ci auguriamo che i piccoli delinquenti vengano presi e vengano condannati per quello che hanno fatto. Le loro famiglie dovrebbero pagare di tasca propria il restauro del monumento. Addirittura alcuni piccoli delinquenti hanno organizzato delle vere e proprie sassaiole contro le forze dell'ordine a San Giovanni a Teduccio-Barra. Quelli identificati e fermati poiché minori sono stati riaffidati ai genitori. Mi domando che senso ha riaffidare dei neo delinquenti alle famiglie che nella gran parte dei casi hanno insegnato loro le regole della mala vita? Andrebbero allontanati da quei contesti - conclude Borrelli - non riaffidati a coloro che sono i primi responsabili dei loro comportamenti criminali e violenti».