A cura della Redazione

All’alba di giovedì 2 febbraio, i finanzieri del Comando Provinciale di Latina, nell’ambito delle attività di polizia giudiziaria tese ad individuare e reprimere fenomeni di infiltrazione camorristica nelle attività economiche correnti tra l’altro anche nella zona del sud pontino, hanno portato a termine un’importante operazione anticamorra, coordinata dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

I militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Formia (LT), unitamente a personale del Centro Operativo della DIA di Napoli, della Squadra Mobile della Questura di Caserta e della Compagnia Carabinieri di Casal di Principe, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Napoli – su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Napoli nei confronti di 31 persone ritenute appartenenti al clan dei Casalesi, ed, in particolare, all’agguerrita fazione Bidognetti, attiva nell’intera provincia di Caserta e nel basso Lazio.

L’operazione ha riguardato, da una parte, alcune vicende delittuose inerenti alle attività interne alla famiglia Bidognetti, dall’altro alcune vicende estorsive commesse da affiliati militari del clan, operanti sul territorio. Gli arrestati sono stati ritenuti, a vario titolo, responsabili dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, ricettazione ed estorsione, delitti, questi ultimi, aggravati dalle finalità mafiose.

Le indagini si sono avvalse delle dichiarazioni di numerosissimi collaboratori di giustizia e delle imprescindibili attività di intercettazione (telefoniche, ambientali e telematiche).

Le indagini condotte dalla D.I.A. di Napoli con il supporto dei finanzieri formiani, hanno consentito di raccogliere gravissimi elementi di prova a carico delle due figlie e della nuora dello storico capo e fondatore, insieme a Francesco Schiavone detto Sandokan, del clan dei Casalesi, Francesco Bidognetti, detto "cicciotto e mezzanotte", anch’egli raggiunto, in carcere, a L’Aquila, dal medesimo provvedimento restrittivo.

In manette sono finite Katia Bidognetti, 34 anni (raggiunta da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere), e Teresa, 27 anni, sottoposta al regime degli arresti domiciliari, poiché in stato di gravidanza. Stessa sorte per Orietta Verso, 42 anni, moglie di Raffaele Bidognetti, detto "o’ Puffo", secondogenito del boss, anch’egli detenuto.

Le tre donne sono tutte incensurate. Arrestato anche Vincenzo Bidognetti, detto "o’ bellillo", 31 anni (nonostante il cognome, non risultano rapporti di parentela tra quest’ultimo e la nota famiglia camorristica) unico, tra gli affiliati, ‘autorizzato’ ad avere rapporti con le predette donne della famiglia e trait d’union tra queste ultime e gli altri affiliati. Le tre donne sono accusate, per gli inquirenti, si sarebbero occupate della distribuzione degli stipendi ai componenti della famiglia; dell’assistenza economica e legale ai familiari in carcere; della veicolazione di direttive e comunicazioni “da e per” il carcere; del sostentamento, anche attraverso il reperimento di posti di lavoro, di familiari di associati liberi.

Le stesse sono, altresì, accusate di ricettazione aggravata per aver goduto di uno stipendio mensile derivante dalle attività illecite del clan.

Agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Formia, invece, è stato condotto, perché accusato di partecipazione ad associazione camorristica ed estorsione aggravata, Giovanni Lubello, ex marito di Katia Bidognetti. Questi ultimi sono accusati di estorsione aggravata dai metodi mafiosi in concorso tra loro per aver imposto somme di denaro loro non dovute ai titolari di un noto Resort di Cellole (CE), imponendo loro l’acquisto di importanti partite di vino (20.000 euro) a prezzo decisamente maggiorato rispetto a quello di mercato.

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