A cura della Redazione

Ucciso per errore a 19 anni perché confuso con un'altra persona. I carabinieri arrestano due uomini. Uno di questi sparò colpendo a morte il giovane e ferendo un minorenne. 

Questa mattina a Casoria i militari del Comando Provinciale di Napoli hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura partenopea, nei confronti di due soggetti, C. S., gravemente indiziato di estorsione aggravata dal metodo mafioso e T. R., ritenuto responsabile di due episodi estorsivi aggravati dal metodo mafioso (di cui uno tentato e uno consumato), nonché dell’omicidio di Antimo Giarnieri avvenuto l'8 luglio 2020 del tentato omicidio di un soggetto minorenne rimasto nell’occasione ferito al fianco sinistro.

L'omicidio fu perpetrato nella III Traversa di via Castagna a Casoria, comunemente nota come “Parco Smeraldo” e, sin dalle prime attività investigative, la vicenda ha presentato agli inquirenti i classici tratti di un agguato connotato dal carattere mafioso.

Quella sera, difatti, il killer scese da una vettura guidata da una persona allo stato ignota, esplodendo all’indirizzo di un gruppo di persone lì presenti 8 colpi di pistola calibro 7.65, di cui 4 colpirono Giarnieri provocandone la morte e uno attinse il minorenne, scampato fortuitamente alla morte. 

Le indagini condotte dal Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna e coordinate dalla D.D.A. di Napoli hanno permesso di accertare che il reale obiettivo del killer fosse un altro soggetto fatalmente scambiato per l’incensurato Giarnieri, risultato invece estraneo a dinamiche delinquenziali.

Il grave fatto di sangue, secondo gli elementi raccolti, va inquadrato in una violenta contrapposizione tra fazioni della criminalità organizzata in lotta per il controllo della piazza di spaccio del “Parco Smeraldo”, luogo in cui si è consumato il delitto.

In particolare al presunto sicario, individuato dalle investigazioni in corso quale soggetto gravemente indiziato per l’agguato presso il parco Smeraldo, oltre ad essergli contestato l’uso di armi, viene contestata anche l’aggravante del metodo mafioso, in quanto avrebbe agito per agevolare l’attività e gli scopi criminali del gruppo camorristico di cui è referente territoriale Salvatore Barbato (alias “Totore O’ Can”), elemento ritenuto contiguo al clan “Moccia” e allo stato detenuto per estorsione aggravata dal metodo mafioso, nonché allo scopo di affermare il controllo di quest’ultimo sul territorio.

Nel corso delle attività investigative sono stati inoltre contestati ai due arrestati due episodi di natura estorsiva, di cui uno tentato e uno consumato, ai danni di altrettanti spacciatori del luogo che, per poter continuare nella loro illecita attività di spaccio, erano costretti a versare una quota imposta dal clan, altro elemento sintomatico della volontà di imporre un controllo capillare del territorio attraverso il cosiddetto racket sull’attività di spaccio.

La violenza e la ferocia mostrata dal killer si palesa poi nella circostanza da cui risulta che lo stesso, in uno degli episodi contestatigli, aveva strappato parte del padiglione auricolare ad una vittima minacciandolo “di fare il bravo, perché ora ci siamo io e Totore O’Cane”.

Nella seconda estorsione poi I due indagati si facero consegnare la somma di 500 euro quale quota mensile imposta dal clan da un soggetto ristretto agli arresti domiciliari, ricorrendo anche alla violenza fisica per costringerlo a consegnare il denaro, il tutto dinanzi alla moglie della vittima, anch’essa aggredita brutalmente nel mentre cercava di reagire a difesa del marito.