A cura della Redazione

"Adesso, ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone". L'atto d'accusa contro il razzismo scritto due anni fa da Seid Visin, il 20enne di origine etiope che si è tolto la vita giovedì a Nocera Inferiore, è stato letto integralmente ieri nella chiesa di San Giovanni Battista, accolto da un lungo applauso, nel corso dei funerali.

"Buon viaggio campione", uno dei messaggi affissi all'esterno della chiesa dagli amici che hanno indossato anche magliette con la scritta "Arrivederci fratello. Ciao talento".

"Non sono un immigrato - aveva scritto - sono stato adottato da piccolo.. ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perchè troppe persone, specie anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche come responsabile perchè molti giovani italiani non trovano lavoro...Dentro di me è cambiato qualcosa, come se mi vergognassi di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone che che non mi conoscevano che ero come loro, che ero italiano, bianco. Facevo battute di pessimo gusto su neri e immigrati...come a sottolineare che non ero uno di loro. Ma era paura. La paura per l'odio che vedevo negli occhi della gente verso gli immigrati. Non voglio elemosinare commiserazione o pena, ma solo ricordare a me stesso che il disagio e la sofferenza che sto vivendo sono una goccia d'acqua in confronto all'oceano di sofferenza che sta vivendo chi preferisce morire anzichè condurre un'esistenza nella miseria e nell'inferno.

Quelle persone che rischiano la vita, tanti l'hanno già persa, solo per annusare, per assaggiare, il sapore di quella che noi chiamiamo semplicemente 'vita'".