A cura della Redazione
D’Alessio mette in riga i consiglieri che si sono candidati con lui nelle liste civiche. “Mi devono dire se stanno o meno con il Partito Democratico”. Queste le parole del riconfermato primo cittadino di Pompei durante una conferenza stampa a Palazzo De Fusco, dove ha annunciato la sua intenzione di assegnare deleghe di governo esclusivamente ai sette assessori della giunta, diversamente dagli anni precedenti in cui ai consiglieri comunali sono attribuite deleghe amministrative. Per il resto, ha promesso di proseguire sulla stessa linea tracciata nei primi cinque anni di governo cittadino, privilegiando il progetto di sistemazione urbanistica di Pompei. “La città moderna deve diventare un museo a cielo aperto”. Ha dichiarato facendo intendere di essere intenzionato a continuare con un tecnico nell’urbanistica. Per quanto riguarda le nomine a tutti i livelli (compreso commissioni, enti esterni, ecc.) è stato chiaro: “Entreranno gli amici che ci hanno messo la faccia, candidandosi alle elezioni”. Il suo intervento, però, ha privilegiato la difesa dell’appartenenza politica della sua coalizione, dal momento che la vittoria amministrativa coincide la una netta sconfitta alle provinciali e specialmente alle europee. Pompei si è confermata una comunità orientata verso il centro destra di Berlusconi. Contestualmente si è imposto alle comunali un ceto amministrativo in cui insieme al Partito Democratico e l’Italia dei Valori fanno parte ben sette liste civiche (alcune collegate tra loro formano veri e propri partiti cittadini). E’ chiara a questo punto la pubblica affermazione di Claudio D’Alessio della sua storia politica personale, assicurando di restare con il centro sinistra (senza tradimenti) e chiedere ai suoi di dichiararsi pubblicamente. D’Alessio ha promesso di rimanere dov’è accettando la prospettiva di una sfida di dover amministrare in un contesto istituzionale regionale (in parte realizzato in provincia) di opposto colore politico. In conclusione, il neo primo cittadino ha indossato la giacca del dirigente politico del partito Democratico per opporsi al trasformismo che è aleggia nell’aria (già prima e nel corso della campagna elettorale) se è vero quello che si dice che il suo avversario di centrodestra Michele Genovese è dovuto correre a Napoli a chiedere a Cesaro e compagni di mettere la porta di ferro alla Casa della Libertà. MARIO CARDONE