A cura della Redazione
Il sindacato di funzione pubblica Cgil delinea, in un comunicato, un modello organizzativo per gli scavi si Pompei e gli altri siti archeologici vesuviani che diventi volàno di sviluppo occupazionale, economico e culturale dell´intera area (stiamo parlando di un territorio molto ampio che va da Ercolano a Castellamare di Stabia). La Cgil riprende la richiesta di un modello di gestione che praticamente ricalca la legge Veltroni (mai messo in pratica nella sua interezza) prima che si abbattesse su Pompei il vento del cambiamento: l’abbinamento della Soprintendenza archeologica di Pompei a quella di Napoli, ed il commissariamento dell’area archeologica. Le richieste del sindacato sono indirizzate al Mibac affinché dia luogo alle assunzioni promesse. Si richiede, inoltre, un programma di manutenzione ordinaria e di restauro delle opere maggiormente esposte a condizioni di degrado. Sul piano sindacale, viene fatta richiesta di un tavolo di confronto per una più funzionale organizzazione del lavoro e, per i dipendenti, garanzie di certezza nel pagamento di prestazioni lavorative straordinarie. La Cgil è per la “Soprintendenza unificata”. Al riguardo, la posizione del sindacato è nota: realtà quali Napoli e Pompei non possono avere un’unica “cabina di regia”, con la conseguenza nefasta di trascurare le molteplici criticità dell’uno o dell’altro sito museale. Tanto più che l’unificazione non ha prodotto un migliore modello organizzativo in grado di governare specificità territoriali e problematiche tra loro profondamente diverse. Il recupero di modelli collaudati favorirebbe l’uscita da una situazione di stallo nella quale Pompei è diventata un continuo laboratorio di sperimentazione con l’esito di praticare "la cura che ammazza il cavallo". Sulle vicende di degrado che l’anno scorso hanno coinvolto l’area archeologica di Pompei, è caduto un velo di silenzio. Il crollo della Schola Armaturarum, nel novembre del 2010, scatenò un’ondata di polemiche che avviarono una riflessione sullo stato dei beni culturali. La Cgil lanciò un forte grido d’allarme, condannando con forza le politiche devastanti del governo che hanno determinato un processo degenerativo mai verificatosi prima. La denuncia ha riguardato il blocco del turn-over che ha impedito il ricambio del personale in quiescenza, l’accentuazione di deleterie forme di privatizzazione dei servizi, i tagli lineari al bilancio della Soprintendenza. Tutto ciò, senza parlare dei successivi modelli organizzativi, rivelatisi disastrosi. “Ultimo episodio, di chiaro segno demagogico - ha dichiarato la Cgil in una recente circolare - ha riguardato la Legge speciale su Pompei e, con essa, le strombazzate assunzioni di 180 nuovi dipendenti, di cui 18 dirigenti, delle quali si sono perse le tracce”. MARIO CARDONE